Politica

Chiesa a viso aperto per convincere l’Udc a entrare nel governo

«Pier Ferdinando Casini deve uscire dai tatticismi e assumersi le sue responsabilità davanti al Paese...». Da Francoforte, dove si trova per una visita alla Cdu, il presidente del Movimento Cristiano Lavoratori Carlo Costalli lancia un nuovo appello al leader dell’Udc. Ormai non passa giorno senza che segnali di questo genere si ripetano, da parte sia delle gerarchie ecclesiastiche, sia da significativi settori del movimento cattolico. Il cardinale Ruini, in sintonia con la presidenza della Cei e la Segreteria di Stato, ha cercato di «ammorbidire» la posizione di Casini, e intervenendo nei giorni scorsi Forum del Progetto culturale dedicato all’unità d’Italia, aveva auspicato maggiore governabilità con «rafforzamento istituzionale dell’esecutivo», insieme al federalismo solidale. Di governabilità, stabilità e rispetto del voto popolare aveva parlato, dopo la fiducia al Cavaliere, anche il presidente della Cei Angelo Bagnasco, che era parso più defilato nei giorni precedenti.
A preoccupare le gerarchie, nell’esperimento del terzo polo che nasce con la fuoriuscita dalla maggioranza dei parlamentari vicini a Gianfranco Fini, sono, com’è noto, le posizioni del presidente della Camera nelle materie eticamente sensibili. In Vaticano come alla Cei temono che le posizioni laiciste presenti nel centrosinistra si possano saldare, nel gioco delle alleanze, con quelle di Futuro e Libertà. Oltretevere, come ai vertici della Conferenza episcopale, non interessa la sopravvivenza di Berlusconi in quanto tale, ma di un governo che pur con i suoi difetti non ritiene che le priorità per l’Italia siano l’introduzione più o meno soft dell’eutanasia e il riconoscimento delle coppie gay.
«Casini dovrebbe rimanere nell’ambito del Partito popolare europeo – incalza Costalli – la sua posizione non viene ben compresa dai colleghi tedeschi della Cdu, come ho avuto modo di verificare in questi giorni». Ma il presidente dell’Mcl risponde anche a un’altra obiezione: «Sbaglierebbe di grosso chi pensasse che le preoccupazioni espresse dalla Chiesa e da parte del mondo cattolico siano determinate da tattiche di potere o da simpatie berlusconiane. La preoccupazione vera – aggiunge – è quella della stabilità e della governabilità in un frangente difficile per la situazione dell’economia e dell’occupazione. Quanto ai temi etici e a quei principi non negoziabili che anche il cardinale Bagnasco ha indicato come vero terreno per l’unità dei cattolici, non ci si può nascondere che nel Pd sembra prevalere la linea laicista, che Fini ci ha tenuto a far sapere di essere in disaccordo con la Chiesa proprio su questo».
«Bisogna pure riconoscere – spiega Costalli – che Pdl e Lega, al di là di alcuni atteggiamenti personali, hanno garantito su certi valori la linea condivisa in gran parte dal mondo cattolico. Per questo speriamo che Casini non si faccia travolgere dalla verve del presidente della Camera». Ma anche Berlusconi dovrebbe fare dei passi, secondo il presidente dell’Mcl, senza pretendere dall’Udc lo scioglimento nel Pdl, come accadde alle ultime politiche, quando, a causa di questa richiesta, Casini rimase all’opposizione. «Si deve lavorare sul breve e medio periodo – conclude Costalli – per favorire il più possibile atteggiamenti di responsabilità, magari con l’appoggio esterno».
«Nessuno chiede a Casini – confida al Giornale un alto prelato – di legarsi mani e piedi a Berlusconi. Per il futuro tutto è possibile e bisognerà seguire con attenzione il lavoro dei parlamentari d’ispirazione cattolica negli schieramenti. Il Papa continua a richiamare la necessità di una nuovo impegno dei cattolici in politica, i principi non negoziabili indicati da Benedetto XVI rappresentano il terreno comune.

Ma proprio per questo non si capisce per quale motivo il leader dell’Udc – che è rimasto all’opposizione ma ha votato con responsabilità alcuni provvedimenti del governo, debba finire tra le braccia dello sconfitto Fini, che si è giocato tutto nel tentativo di dare una spallata al premier venendo meno al mandato degli elettori».

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