Cultura e Spettacoli

Ciak al Lido, tutti in coda per Baarìa

Inaugurazione con il kolossal di Tornatore, ma dopo il divorzio di RaiSat da Sky non ci sarà la diretta per la cerimonia d'apertura. Il presidente Baratta ha voluto il rosso, unico colore della Mostra

Ciak al Lido, tutti in coda per Baarìa

Venezia - Giuseppe Tornatore sbarca al Lido alle 2.25 del pomeriggio, sotto un sole feroce, atteso dai fotografi. Si mette in posa insieme ai protagonisti del suo Baarìa, gli esordienti Francesco Scianna e Margareth Madè, dice qualcosa ai giornalisti prima d’essere portato via di peso dagli addetti stampa. «Mi sento bene, soltanto un po’ stanco, contento d’essere a Venezia, a portare il mio film e a vedere quelli degli altri», mormora. L’ultima volta che venne qui in concorso, nel 1995, con L’uomo delle stelle, vinse un premio importante. Chissà come andrà quest’anno: il suo kolossal epico/nostalgico, lungo 150 minuti, girato in doppia versione, dialetto stretto e italiano con cadenza sicula, costato 25 milioni di euro (così assicura Giampaolo Letta, amministratore delegato di Medusa, ridimensionando l’entità del budget), apre stasera la 66ª Mostra di Venezia. C’è molta attesa: era dal 1991, da Un cuore semplice di Emidio Greco tratto da Sciascia, che un film italiano non apriva. Di nuovo la Sicilia, sia pure ricostruita in Tunisia con larghezza di mezzi e una pioggia di partecipazioni speciali, per raccontare i destini di una famiglia attraverso tre generazioni.

La cittadella del festival è ancora sotto sopra per via del cantiere legato alla costruzione del nuovo Palazzo. Visto l’andamento dei lavori, pare difficile sia pronto per il 2011. Ma il presidente della Biennale, il ruvido Paolo Baratta, si dice convinto del contrario. Intanto ha fatto dipingere di rosso - sarà contento il Citto Maselli di Le ombre rosse - ogni angolo della Mostra: il portale a mosaico incastonato sull’ingresso del vecchio Palazzo, le scale, gli arredi, i passaggi, la grafica dei manifesti, le pareti cartonate. Solo i leoni di cartapesta sono rimasti giallo oro: un po’ sbiaditi, acciaccati, raminghi. Ridotti al rango di tappabuchi. Ma il direttore Marco Müller, impegnato nelle prove con la madrina Maria Grazia Cucinotta, assicura che alle 19 sarà tutto pronto.

Bisogna credergli. Il festival più cine-patriottico degli ultimi anni esige un’inaugurazione tutta glamour e mondanità, magari combinata con un tocco di istituzionale rigore. La Sala Grande contiene 1.200 persone, mica poche; ma pochissime rispetto alle richieste. Tutti vogliono essere al Lido per l’anteprima mondiale di Baarìa. Ci saranno, tra i tanti, il ministro Bondi, l’omologo francese Mitterrand, il governatore siciliano Lombardo, il collega veneto Galan, il sindaco Cacciari, l’ambasciatore libico Hafed Gaddur, Piersilvio Berlusconi e fidanzata, Giuliano Andreani, Tarak Ben Ammar; e poi Dolce e Gabbana, Armani, Federica Pellegrini, Marta Marzotto, Giovanni Malagò, Lucrezia Lante della Rovere, Tom Mockridge, Alain Elkann e Franca Sozzani, Francesco Alberoni, Eliana Miglio, Carlo Vanzina, Corrado Passera, la parlamentare del Pdl Gabriella Giammanco, pure Franco Briatore e Simona Ventura. Forse non arriverà in tempo Michael Moore, ma ci sarà di sicuro Werner Herzog.

«Un parterre da record», dicono qui, mettendo nel conto il cast stellare di Baarìa (unica assente Monica Bellucci), e chissà come si divertirà Dagospia a commentare le fotografie che Umberto Pizzi si prepara a scattare per il suo «Cafonal» veneziano. Stando così le cose, sorprende che nessuna tv nazionale si sia fatta avanti per riprendere in diretta la cerimonia d’apertura. Fino all’anno scorso ci pensava RaiSat Cinema, ma il divorzio da Sky ha bloccato la copertura televisiva. Risultato: Rai, Mediaset, Sky e La7 seguiranno la kermesse in tono minore, mentre la European Broadcasting Union (Ebu) diventa a sorpresa la tv della Mostra. Spetterà esclusivamente ad essa «la distribuzione sul posto e via satellite del segnale video, a garanzia del diritto di cronaca», spiega un comunicato. Ma il presidente della Biennale, Baratta, fa spallucce. Teorizza: «A noi interessa che ci sia discussione sui film che presentiamo. D’altronde, le cerimonie sono sempre un po’ ripetitive, come dimostrano le ultime edizioni degli Oscar. Quindi la diretta non è poi così indispensabile». Vabbè. Dipende da come le fai, le cerimonie. A Cannes riescono bene, a Venezia sono spesso passerelle noiose, retoriche. A meno che... L’associazione dei Centoautori, ottenuta la solidarietà di Tornatore e dei registi italiani presenti alla Mostra, sta mobilitandosi di nuovo sui temi del Fus al grido: «Non bastano 60 milioni».

Alle 16 incontrano i giornalisti, alle 19 potrebbero rovinare la festa all’arcinemico Bondi.

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