Politica

Cicchitto: "Per la riforma elettorale il Fli non troverà i numeri"

Il capogruppo Pdl: "L'attacco alla legge attuale è una frattura preoccupante. Fini non può dare lezioni di democrazia interna"

Roma Il giorno dopo il discorso di Fini a Mirabello, a bocce ferme, è il momento di analizzare le conseguenze politiche dello «strappo». Lo facciamo con il presidente dei deputati del Pdl Fabrizio Cicchitto, reduce da un incontro informale ad Arcore con Silvio Berlusconi, Denis Verdini e Nicolò Ghedini, al quale hanno preso parte anche Maria Stella Gelmini e Franco Frattini.
Fini ha detto che «il Pdl non esiste più». Che rilievo può avere un’affermazione del genere sul futuro della maggioranza e del governo?
«Intanto il Pdl c’è, eccome. Quello che è entrato in crisi è il rapporto con una parte dei finiani; quella che ogni giorno spara bordate polemiche pregiudiziali contro Berlusconi e il governo. Per quello che riguarda il futuro, bisogna verificare come andranno le cose rispetto al confronto politico-parlamentare. Se c’è una maggioranza si va avanti, se questa viene meno è evidente che si pone un problema di tipo diverso. Il clima è sereno anche se siamo concentrati a portare avanti l’azione del governo e a verificare che non ci siano tentativi si stravolgimento o di logoramento».
Il presidente della Camera si è detto «rammaricato di aver contribuito ad approvare l’attuale legge elettorale» e ha auspicato una riforma in Parlamento entro la fine della legislatura o, comunque, prima che si torni a votare. È solo una posizione dettata da interessi di parte, o c’è dell’altro, secondo lei?
«Senza voler entrare nel merito delle motivazioni alla base della richiesta, occorre rilevare che è ben difficile cambiare le “regole del gioco” quando il gioco stesso è in corso. E ho motivo di ritenere che sarà praticamente impossibile per Futuro e libertà trovare in Parlamento una maggioranza per la riforma elettorale prima della fine della legislatura».
Ma il dissenso sull’attuale legge elettorale ha anche un peso politico...
«È evidente, al di là di ogni altra considerazione sui numeri e sul principio della rappresentanza, che la differenziazione sul problema della legge elettorale è molto seria e grave perché su questa legge si sono fatte le elezioni e tutto il Pdl e la maggioranza attuale vi si sono ritrovati. La contestazione della legge elettorale costituisce un preoccupante “vulnus” di notevoli proporzioni».
L’ex leader di Alleanza nazionale, dopo aver contribuito a fondare il Pdl, sostiene ora che nel partito non ci sarebbe democrazia interna e possibilità di confronto. E continua ad affermare di essere stato espulso senza possibilità di contraddittorio. Non le sembra che l’aver evocato addirittura metodi stalinisti sia decisamente fuori luogo?
«Sul terreno del partito, francamente, il presidente Fini non può dar lezioni per almeno due ragioni: in primo luogo nessuna formazione politica poteva reggere ulteriormente quello che è successo nel Pdl negli ultimi mesi. Infatti si è andati molto oltre la fase iniziale della differenziazione operata da Fini su alcuni temi quali la cittadinanza, l’immigrazione e la bioetica, sui quali si aprì una serena discussione».
E in secondo luogo?
«C’è da aggiungere che nessun partito può reggere senza auto-distruggersi quanto negli ultimi mesi è avvenuto: una decina di dichiarazioni quotidiane che contestavano frontalmente tutto, dal presidente Berlusconi, al governo, al partito. Ma mi lasci fare un’ultima considerazione: non mi sembra che la gestione passata di Alleanza nazionale fosse molto liberale. Un esempio? Solo per quattro chiacchiere al bar, Fini rivoluzionò in poche ore i vertici del suo partito».
Onorevole Cicchitto, è normale che chi ricopre un importante ruolo istituzionale si lanci nella mischia del confronto politico?
«Secondo me emerge un problema che lo stesso presidente Fini deve porsi: il presidente della Camera deve essere, per definizione, al di sopra delle parti anche per gli enormi poteri istituzionali di cui individualmente gode. Abbiamo visto che non è così, quindi...».
A suo giudizio si tratta di una incompatibilità vera e propria tra i due ruoli?
«Nessuno, lui per primo, può contestare che oggi il presidente Fini è in prima linea nello scontro politico: ha fondato un nuovo gruppo parlamentare e ha creato le premesse per la nascita di un nuovo soggetto politico.

Fra i due ruoli c’è una contraddizione evidente della quale egli stesso si deve far carico e trarne le opportune conclusioni».

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