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Cinema, letteratura, tivù: ecco tutti i motti del poker

«If, after the first twenty minutes, you don’t know who the sucker at the table is, it’s you». Ovvero: «Se, dopo i primi venti minuti non sai ancora chi è il pollo al tavolo, allora sei tu». Modi di dire, motti, frasi celebri. Il mondo del poker ne è pieno. Alcuni recenti, altri antichi, tramandati da secoli a voce, insegnati al tavolo verde dai giocatori navigati di turno a plotoni di esordienti, che a loro volta li hanno tramandati, anni dopo, una volta diventati esperti. Finché non arriva qualcuno che con quella battuta ci intitola un libro, risponde a un’intervista, scrive una sceneggiatura: il modo di dire si cristallizza, gli viene attribuita una «data di nascita». E diventa citazione.
Il proverbio sul «pollo» ne è un esempio perfetto. Declinato da sempre in migliaia di varianti, è diventato citazione degli sceneggiatori David Levien e Brian Koppelman, che hanno messo la frase in bocca a Matt Damon nelle scene iniziali di Rounders (Il giocatore, 1998). Qui Damon è un giovane brillante universitario, il prototipo del giocatore di Texas hold’em del nuovo millennio. Un personaggio di fantasia, che sembra ricalcato sulla figura, vera, di Robert Williamson III, oggi 38enne affermato «pro», da vent’anni protagonista dei più importanti tornei di Omaha. «Poker’s a day to learn and a lifetime to master», ovvero: «Poker, un giorno per imparare una vita per diventare dei maestri». Williamson prima o poi uscirà di scena, la sua perla sul poker sarà eterna. Stesso concetto, autore diverso, lo sceneggiatore inglese Michael Pertwee, stretto collaboratore di Alfred Hitchcock: «Quanto ci vuole per imparare a giocare a poker, papà?». «Tutta la vita, figliolo». Il cinema in lingua inglese ha dedicato al poker diverse citazioni–capolavori: «Il poker esemplifica i peggiori aspetti del capitalismo che hanno fatto così grande il nostro Paese» (Walter Matthau).
Ma le frasi celebri sul poker non sono solo «emotive», perle di semantica descrittiva del lato umano di una partita. Molti sono tecnici: «Il poker, come la vita stessa, ha il suo momento determinante. È il flop. Quando vedi il flop, stai guardando il 71% della tua mano, al costo di un solo giro di puntate». Questo motto, che se ben impresso in mente vale quanto un corso intero di tecnica del poker, è di Lou Krieger, professionista Usa autore di 11 bestseller sulle tecniche di Hold’em. A Krieger è attribuita anche la frase: «There is no luck except where there is discipline», ovvero «Non c’è fortuna dove non c’è disciplina».
Disciplina, concentrazione, metodo. Qualità indispensabili per diventare un grande giocatore. Bobby Baldwin, super-professionista Usa (nel ’78 è il più giovane vincitore di sempre delle World Series), quattro braccialetti Wsop e un posto dedicato nel «Poker Hall of Fame», ha sintetizzato così il concetto: «Il tratto distintivo di un grande giocatore non è quanto vince quando vince, ma come gestisce la situazione quando perde. Puoi vincere per trenta giorni di fila, ma è del tutto inutile se poi il trentunesimo giorno imbrocchi una serata-no, esci di testa e getti via tutto». Sullo stesso piano il motto di William J. Florence, autore di The Gentleman’s Handbook on Poker: «Il punto principale è non perdere la calma. Non c’è empatia nel poker, resta sempre freddo. Se perdi la testa, perdi le fiche». Perdere tutte le fiche. Il peggio che può capitare.

Perché, come ha sancito David Sklansky, matematico, professionista di poker, 3 braccialetti delle Wsop e guru riconosciuto della tecnica dell’Hold’em, «When we play, we must realize, before anything else, that we are out to make money»: Quando giochiamo dobbiamo realizzare, prima di ogni altra cosa, che siamo lì per fare soldi.

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