Cultura e Spettacoli

Cinema: "l'illuminato" Virzì dà dell'antisemita al ministro Brunetta

Il regista attacca nuovamente il ministro colpevole di aver attaccato il parassitismo di un certo cinema. «È una Shoah culturale!», ha lamentato. Secca la replica: «Fascisti! Basta sperperare i soldi dei cittadini per finanziare chi non fa altro che gridare al "regime"!»

Cinema: "l'illuminato" Virzì dà dell'antisemita al ministro Brunetta

ROMA - Ennesimo attacco del cinema di sinistra e «impegnato» al ministro Brunetta, reo agli occhi degli intellettuali «illuminati» di aver criticamto il «culturame» sinistrorso finanziato a spese dei contribuenti. Ovviamente, il mninistro della Pubblica amministrazione non l'ha fatta passare in cavalleria nemmeno questa volta.
Certo, l'invettiva di ieri, firmata dal regista Paolo Virzì (quello di «Ferie d'agosto» e di «Ovosodo»), è stata una delle più pesanti giacché Brunetta è stato tacciato di antisemitismo, sebbene di matrice culturale. «Si avverte una rabbia e un livore che fa pensare che nella società italiana si stia preparando una nuova Shoah culturale contro gli artisti, quella combriccola che festeggia a champagne, si sposta in limousine e va solo sui red carpet. Quello che mi ha colpito nella sparata del ministro Brunetta non è stata soltanto la disonestà intellettuale ma i consensi», ha dichiarato Virzì manifestando uno stupore molto simile a quello dei politici di sinistra quando vedono che le urne vuote sono accompagnate da un generale consenso nei confronti del presidente del Consiglio.
Virzì ha parlato nel corso di un dibattito sul Fondo Unico per lo Spettacolo organizzato al Piccolo Teatro Eliseo, al quale ha partecipato anche Ignazio Marino, candidato alla segreteria del Pd. «Le aggressioni contro il cinema italiano, compresi i defunti, sembrano avere consensi - ha precisato Virzì - quando ha detto che "gli artisti sono parassiti mantenuti da risorse pubbliche", Brunetta era in una sala piena di giovani e più infieriva su Placido e Rossellini, più si sbellicavano dalle risate». Secondo il regista gli artisti sono «il bersaglio del disprezzo più furibondo, non sono tutelati come un prodotto nazionale come avviene ad esempio in Francia. In Italia, nessuno che non faccia il nostro mestiere - ha aggiunto Virzì - ha alzato la voce per dire che la cultura è utile come le energie rinnovabili». E meno male che è stato lo stesso Virzì a fare il paragone con le biomasse...
Piccata la replica del ministro che, ovviamente, s'è stufato di essere additato ala pubblica piazza come un oscurantista. «Ma quale Shoah culturale!», ha ribattuto. «Privo di una sceneggiatura credibile - ha ironizzato - il regista Virzì rinunci almeno all'utilizzo maldestro di termini troppo tragici e impegnativi nella rabbiosa difesa della sua corporazione». Secondo Brunetta, «la stragrande maggioranza dei cinematografari italiani non produce cultura ma solo più o meno buono cinema, e comunque contrabbanda come arte quello che è semplice spettacolo».
Le accuse di parassitismo sono state perciò ribadite. «Privi di ogni senso di autocritica - ha dichiarato - questi signori pretendono di continuare a ricevere soldi pubblici per realizzare spesso scadenti prodotti di intrattenimento che non riuscirebbero altrimenti a misurarsi col mercato».
Anzi, il titolare della Funzione pubblica ha rivendicato la bontà eil successo della propria campagna anti-sprechi. «Il sindacalista Virzì metta in pace il cuore che batte sotto il suo portafoglio: i cittadini stanno dalla parte di Brunetta perché sono stufi di veder sperperati i propri soldi per film che non vengono nemmeno distribuiti nelle sale (è successo a ben 49 pellicole su 59 finanziate nel 2008)».
Il ministro ha poi denunciato il comportamento antiitaliano del ceto cinematografico paraintellettuale. «Quattrini che servono solo a mantenere il ceto parassitario e autoreferenziale dei tanti artisti immaginari.

Quelli, per intenderci, che sono sempre pronti a denunciare all'estero il ritorno del 'regime' in Italia ma che poi - sotto sotto - rimangono i più accaniti nostalgici del meccanismo di finanziamento a priori di un'opera filmica, tipico del fascismo e di tutti i regimi autoritari», ha concluso.

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