Cronaca locale

Cirilli al «Citofono» racconta la sua vita

Matteo Failla

Citofonare Cirilli via Pavia 98: provate a farlo, risponderà un nuovo Gabriele. Il ciclo di Zelig si è ormai concluso e per uno dei volti più noti, venuti alla ribalta grazie al più famoso programma di cabaret, è ormai giunta l’ora di intraprendere un nuovo percorso artistico.
Niente più Tatiana, niente più “voglia di tornar bambino”, ma solo un rinnovato Gabriele Cirilli, sul palco del Teatro Ciak libero dalle spoglie degli anni vissuti nei tormentoni zelighiani.
Citofonare Cirilli via Pavia 98 è infatti la nuova commedia di Gabriele Cirilli, Maria De Luca, Francesco Freyrie, Daniele Sala, Marco Perrone, Massimo Dimunno e Giovanni Tamborrino, con la regia di Daniele Sala, che narra la storia autobiografica di Gabriele, un uomo che nel momento di trasferirsi da Roma a Milano, alla ricerca del successo, viene colto da mille dubbi sul futuro che lo attende.
Che Cirilli è quello in scena ora?
«Citofonare Cirilli è uno spettacolo “diverso ma uguale” – spiega Cirilli -, ed è diverso perché comunque si basa su una storia e non è quel semplice “One man show” che tutti si sarebbero aspettati da me. È uno spettacolo all’interno del quale c’è spazio anche per la riflessione, la poesia e la musica».
La commedia è nata quindi da uno spunto autobiografico?
«Assolutamente sì, narra del periodo in cui ho deciso di trasferirmi a Milano per cercare di propormi come artista; si parla di quegli anni che hanno preceduto il mio debuttto a Zelig».
Nello spettacolo affiora il tema del cambiamento e quello dell’abbandono: quale dei due prevale?
«Quello del cambiamento è sicuramente uno dei temi ai quali tengo di più, fa parte della vita di un artista, che gode del privilegio di poter dare una svolta quando vuole: riuscire a “voltare pagina” è molto importante. In questo momento, ad esempio, dopo l’avventura a Zelig, sto creando le basi per un nuovo percorso: una carriera di attore che possa muoversi a 360 gradi».
Che ruolo ha la musica nello spettacolo?
«Abbiamo scelto due maestri che potessero aggiungere classe allo spettacolo, Corrado Terzi al sassofono e Luca Savazzi al pianoforte. Il loro ruolo è fondamentale, sono dei coprotagonisti».
Hai studiato al Laboratorio di Esercitazioni Sceniche di Roma, diretto da Gigi Proietti, ma poi hai intrapreso la strada del cabaret.
«Ai tempi facevo un lavoro che mi dava tante soddisfazioni, poter far l’attore era certamente la mia massima aspirazione, ma dal punto di vista economico non riuscivo ad avere gratificazioni tali che mi permettessero di proseguire. Avevo bisogno di farmi conoscere, solo ora posso tornare a fare quello per cui sono nato».
Come hai vissuto il tormentone “Chi è Tatiana”?
«Non posso certo negare che mi sia servito proprio per diventare popolare. Ricordo che ai tempi la gente mi fermava per strada dicendomi “Tu sei quello di Tatiana”; da un po’ di tempo a questa parte però il pubblico mi riconosce semplicemente come Gabriele Cirilli. Io a Zelig devo veramente tutto, ma sono riuscito a uscire da quel ruolo.

Non sono mai stato un artista “chiuso”».

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