Politica

Cittadinanza Quella proposta? Una mina per il Pdl

BIPARTISAN L’iniziativa di Sarubbi (Pd) e Granata (Pdl) potrebbe dare qualche grattacapo alla maggioranza

La proposta di legge presentata a Montecitorio in tema di acquisto della cittadinanza da Andrea Sarubbi, del Partito democratico, e da Benedetto Granata, del Popolo della libertà, ex Alleanza nazionale, ha tutte le caratteristiche - spiace dirlo - per essere considerata dall'opinione pubblica e dalla classe politica la classica iniziativa legislativa della discordia. È stata presentata il 30 luglio scorso e il presidente della Commissione affari costituzionali della Camera, Donato Bruno, nella seduta del 16 settembre non ha fatto altro che accorparla alle tante altre. È bene sapere infatti che la proposta di legge in questione non ha il pregio dell'originalità. Un po' perché si aggiunge buona ultima alle altre concernenti il medesimo argomento. E un po' perché a grandi linee ricalca la proposta di legge Bressa e altri. Tutti, quando si dice il caso, rigorosamente appartenenti al Partito democratico.
Presentata solo di recente, la creatura legislativa scritta a quattro mani da Sarubbi e Granata, per la serie «attenti a quei due», è stata discussa prima ancora che fosse stampata. E i rilievi mossi dal centrodestra, o per meglio dire dalla sua parte maggioritaria, sono di forma e di sostanza. Sotto il primo riguardo Ernesto Galli della Loggia sul Corriere di ieri ha osservato - a costo di apparire fin troppo ingenuo, secondo le sue stesse parole - che gli piace credere che, «poiché circa il modo come si diventa cittadini della Repubblica è bene che siano d'accordo il maggior numero d'italiani, una volta tanto esponenti della destra e sinistra lo abbiano capito, e una volta tanto abbiano agito di conseguenza».
Fatto sta che l'autore dell'articolo prende un granchio grosso così. Sia chiaro, la dialettica parlamentare è sempre auspicabile. È bene che dalla tesi degli uni e dall'antitesi degli altri scaturisca una sintesi. Opera di una maggioranza più ampia di quella ministeriale. Ma una cosa è il traguardo e altra cosa disporsi ai nastri di partenza. In quest'ultimo caso, salvo che si tratti di cosucce dozzinali o di iniziative assolutamente personali che lasciano il tempo che trovano, ogni gruppo parlamentare si presenta in campo con le proprie bandiere. Belle o brutte che siano.
Qui invece andrebbe scimmiottata la frase usata dal tenentino Alberto Sordi nel colloquio telefonico con il suo superiore all'indomani del tragico 8 settembre. La sensazione, magari sbagliata finché si vuole, è che un americano e un tedesco, cioè Sarubbi e Granata, si siano messi d'accordo per forzare la mano, se non addirittura per inguaiare di brutto un centrodestra che è assai più tiepido del centrosinistra nel concedere con una certa larghezza la cittadinanza agli immigrati extracomunitari. Questa iniziativa legislativa, intendiamoci, a leggerla con la dovuta attenzione è meno scandalosa di quanto possa apparire. Da una parte persegue l'obiettivo dell'integrazione e dall'altra non fa propria la logica del todos caballeros. Un cavalierato che, come un sigaro, non si nega a nessuno.
E pur tuttavia solo chi è di una ingenuità disarmante, o peggio vagheggia nuovi scenari a tutt'oggi imprevedibili, con ogni probabilità un salto nel buio, può perorare oggi come oggi la causa di una simile iniziativa legislativa.

Una mina che se non disinnescata a dovere e messa per il momento in un cassetto, può far saltare in aria la maggioranza e con essa il governo. Ai tonti e ai finti tonti in servizio permanente effettivo ci permettiamo di rivolgere una semplice domanda: a chi giova?

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