Cronache

Claudia e la fragile America chiusa ne «Lo zoo di vetro»

La Cardinale debutta alla Corte con la regia di Andrea Liberovici per il difficile testo di Tennessee Williams

Irene Liconte

Claudia Cardinale, icona del cinema italiano, interprete di ben 150 personaggi, è in scena al Teatro della Corte in «Lo zoo di vetro» di Tennessee Williams, che ha debuttato ieri sera per la regia di Andrea Liberovici, dopo aver tenuto cartellone a Roma per tre settimane. Un ritorno al teatro dopo tre anni di assenza: nel 2003, infatti, l'attrice interpretò «Come tu mi vuoi» di Pirandello, per la regia di Pasquale Squitieri; il debutto a teatro risale invece a «La Venexiana» di Anonimo veneziano, diretta da Maurizio Scaparro.
La Cardinale è Amanda Wingfield, una fiera ed energica donna del Sud degli Stati Uniti che, abbandonata dal marito («lavorava ai telefoni e s'innamorò delle interurbane»), è dedita ai due figli Laura e Tom, su cui esercita un istinto di protezione a tratti opprimente, chiudendo gli occhi davanti alla realtà e trincerandosi dietro le illusioni e i ricordi della gioventù. Tom lavora in un magazzino e sostiene economicamente la famiglia, ma vorrebbe seguire l'esempio del padre, viaggiare, diventare uno scrittore. E quando Amanda gli chiede di invitare a cena qualche amico, per trovare un pretendente per Laura, affetta da zoppia e introversa in maniera quasi patologica, divampa la crisi. Andrea Liberovici ha definito la Cardinale perfetta per il ruolo, anche in virtù della sua vocazione cinematografica: lo stesso Williams prevedeva infatti una messinscena promiscua tra teatro e cinema; e la voce roca e calda dell'attrice, su cui la Cardinale stessa aveva avanzato qualche riserva per la resa scenica, si è rivelata invece un'arma vincente. Amanda è un personaggio dalla psicologia complessa, divisa tra un presente che rifiuta e un passato che rimpiange: un mondo ormai in dissoluzione, cioè il vecchio Sud di «Via col vento». Ma nello «Zoo di vetro» non c'è la speranza del riscatto con cui Rossella chiude il colosso hollywoodiano, c'è invece l'angosciosa desolazione che la Cardinale aveva già vissuto in «Rocco e i suoi fratelli». Nella celebre pellicola di Visconti, infatti, alla condanna delle popolazioni del Sud Italia alla miseria, sulle orme dei «Malavoglia» di Verga, fa da controparte una città industrializzata squallida e inospitale: grava sui personaggi la stessa perdita delle proprie radici subita da Amanda, strappata ai suoi corteggiatori nella tenuta di Blue Mountain per finire relegata nel «retro di un casermone: uno di quei grandi agglomerati a forma di alveare che fioriscono come porri nei centri urbani» a S. Louis.
E, in entrambi i casi, una sorta di cancrena colpisce il cuore della famiglia: lo scontro tra fratelli in Visconti, la fuga di Tom in Williams. Temi che Visconti ripropone anche in «Vaghe stelle dell'orsa», esacerbando la crisi della famiglia fino al tabù dell'incesto e chiamando in causa anche la brutalità della storia: la fuga di Sandra (Claudia Cardinale) a Ginevra non la esime dal fare i conti con il passato, si riesuma la tragica morte del padre, ebreo deportato e morto in un campo di concentramento. E la storia balena sinistramente anche ne «Lo zoo di vetro»: «qui c'erano solo urla e caos», le agitazioni operaie delle metropoli americane, mentre «in Spagna c'è Guernica».
Gli Wingfield vivono insomma la fine di un mito, il vecchio Sud con le sue distese di campi di cotone, le grandi tenute, i balli, che rimpiange con civetteria anche Blanche Dubois, la tragica protagonista di «Un tram chiamato Desiderio». Tennessee Williams raffigurò, nei suoi lavori, un'America angosciata, personaggi spesso alla deriva, che affogano i propri rimorsi o fallimenti nell'alcool; coraggiosamente, portò anche in scena «i diversi»: Laura de «Lo zoo di vetro», fragile più delle sue creaturine di cristallo; il marito di Blanche nel «Tram», suicida dopo essere stato scoperto dalla moglie in intimità con un uomo. Lo stesso Williams era omosessuale e ciò gli creò non pochi problemi nella perbenista America del dopoguerra: basti pensare che i riferimenti all'omosessualità furono censurati, tanto che nel notissimo film omonimo, con Marlon Brando e Vivian Leigh, l'omosessualità si trasforma in «una debolezza di carattere» non meglio precisata.

Nella sua ricca carriera, anche Claudia Cardinale ha vissuto anche la crisi della virilità e lo sdegnato rifiuto di accettarla: ne «Il bell'Antonio», tratto dall'omonimo romanzo di Vitaliano Brancati, il conturbante Antonio (Marcello Mastroianni), a cui il confessore aveva addirittura augurato la grazia di rimanere cieco per non sedurre tutte le ragazze di Catania, non riesce, in tre anni, a consumare il matrimonio con l'avvenente moglie Barbara (Claudia Cardinale), con grande vergogna e scandalo del padre.

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