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Clima, gli Usa: rischio catastrofe irreversibile La Cina promette: "Riduzioni Co2 entro il 2020"

Via al vertice sul clima al Palazzo di Vetro. Ban ki-Moon rimprovera la comunità internazionale per la "lentezza glaciale" dei negoziati in un nuovo trattato che sostituisca il protocollo di Kyoto. Obama avverte: "La minaccia è grave e urgente"

Clima, gli Usa: rischio catastrofe irreversibile 
La Cina promette: "Riduzioni Co2 entro il 2020"

New York - Una dura bacchettata alla comunità internazionale: per il clima si sta facendo ancora troppo poco. Il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban ki-Moon, ha aperto il vertice sul clima al Palazzo di Vetro lanciando un duro rimprovero ai Paesi presenti per la "lentezza glaciale" dei negoziati in un nuovo trattato internazionale che sostituisca il protocollo di Kyoto. E il presidente americano, Barack Obama, avverte: "La minaccia è grave e urgente". Intanto il presidente cinese Hu Jintao ha detto oggi a New York al vertice Onu sul clima che la Cina intende ridurre le emissioni di anidride carbonica per ogni unità di prodotto nazionale lordo di un "margine notevole" entro il 2020.

Le accuse dell'Onu Parlando dal podio dell’Assemblea Ban Ki-moon ha detto che "abbiamo meno di dieci anni per evitare gli scenari peggiori" causati dal surriscaldamento del pianeta. Il segretario generale, recentemente in missione al Polo Nord, ha anche avvertito che "sull’Artico i ghiacci potrebbero sparire entro il 2030 e le conseguenze sarebbero sentite dai popoli di ogni continente". Il cambiamento climatico, ha continuato Ban, colpisce soprattutto i Paesi meno sviluppati, e in particolare l’Africa, dove "il cambiamento climatico minaccia di cancellare anni di sviluppo destabilizzando stati e rovesciando governi". Ban ki-Moon ha lanciato un appello ai Paesi industrializzati, invitandoli "a fare il primo passo", perché "se lo farete - ha continuato il segretario generale - altri adotteranno misure audaci". Per il capo del Palazzo di Vetro, il nuovo trattato deve includere "obiettivi per la riduzione di emissioni entro il 2020" e "supporto finanziario e tecnologico" ai Paesi in via di sviluppo, cioè quelli che "hanno contribuito di meno a questa crisi ma hanno sofferto di più, e per primi".

La conferenza di Copenaghen Il segretario generale delle Nazioni Unit teme "un fallimento alla conferenza sul clima di Copenaghen, il prossimo dicembre". E avverte: "Sarebbe moralmente ingiustificabile". Il numero uno del Palazzo di Vetro ricorda che, da qui alla conferenza, "i giorni effettivi per i negoziati sono soltanto quindici". Un flop sul clima, aggiunge Ban ki-Moon, sarebbe "moralmente ingiustificabile, economicamente miope e politicamente avventato". Non solo. "Non possiamo seguire questa strada" e perdere "un’occasione migliore di questa", avverte il diplomatico sudcoreano appellandosi ai Paesi presenti al summit.

I timori di Obama "Il tempo rimasto per correre ai ripari sta per scadere", mette da subito in guardia il presidente americano. "La sicurezza e la stabilità di tutte le nazioni e di tutti i popoli, la nostra prosperità, la nostra salute e la nostra sicurezza - spiega Obama - sono a rischio a causa della minaccia climatica". Questo nonostante gli Stati Uniti abbiano "fatto più negli ultimi otto mesi per promuovere la energia pulita e ridurre l’inquinamento da anidride carbonica che in qualsiasi altro periodo della nostra storia". "La maniera in cui la nostra generazione risponderà alla minaccia dei cambiamenti climatici - continua il presidente Usa - sarà giudicata dalla storia: se non agiremo con forza, in maniera rapida e tutti insieme rischiamo di consegnare alle generazioni future una catastrofe irreversibile". È una minaccia che non risparmia nessun Paese "grande o piccolo, ricco o povero". L’innalzamento del livello dei mari minaccia tutte le coste e "il tempo a disposizione per fermare la marea che avanza sta finendo". Obama fa mea culpa per la mancata risposta del suo Paese al nodo del clima. Cita John Fitzgerald Kennedy, "i nostri problemi sono una conseguenza delle attività dell’uomo, dunque devono essere risolti dall’uomo" e ammette che "per troppi anni, gli uomini hanno fatto poco o hanno addirittura ignorato l’immensità della minaccia". "Anche gli Stati Uniti - ammette Obama - ma questo è un nuovo giorno, questa è una nuova era e posso dire con orgoglio che gli Stati Uniti hanno fatto di più per l’energia pulita e per ridurre le emissioni inquinanti in atmosfera negli ultimi otto mesi che in qualsiasi altro periodo della storia".

Emissioni a livello più basso da 40 anni A causa, o grazie alla crisi, le emissioni inquinanti hanno raggiunto i livelli più bassi da 40 anni a questa parte: lo sostiene uno studio dell’agenzia internazionale dell’Energia (Iea) che verrà pubblicato a novembre. La ragione è semplice da capire: con la recessione globale l’attività economica ha rallentato e gli scambi economici sono diminuiti. Quindi meno emissioni inquinanti nell’atmosfera e un rallentamento dell’effetto serra. Non solo: anche le misure decise dai governi hanno avuto qualche effetto, nonostante lo stallo nei negoziati per giungere ad un nuovo trattato internazionale. Secondo l’Iea, le emissioni dovrebbero diminuire del 2,6% quest’anno.

Molto significativi i risultati negli Stati Uniti, dove la recessione è stata particolarmente forte: le emissioni che provocano l’effetto serra sono calate circa del 3,8% nel 2008 rispetto al 2007.

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