Economia

Colombarini, per la prima volta Piazza Affari sale in ascensore

L’imprenditore, con una intensa campagna di acquisizione di commesse per montacarichi e scale mobili, ha portato in Borsa la sua azienda. E ora si sta sviluppando all’estero: obiettivo, il listino di Londra

Figlio di un direttore delle Poste di Bologna ai tempi in cui lo stipendio di un direttore era simile a quello di un impiegato, Patrizio Colombarini è compagno di scuola di Gianfranco Fini, cresce in un ambiente anticomunista in quanto la famiglia è democristiana e lui continua a considerarsi tuttora un moderato, riconosce di avere Silvio Berlusconi come suo modello di imprenditore ma quando deve portare l'azienda in Borsa, la Monti Ascensori di Granarolo, alle porte di Bologna, si avvale di Unipol Merchant e quando unisce in rete le forze di tanti piccoli imprenditori e artigiani del mondo degli ascensori crea, e anche guida per un certo periodo, un consorzio cooperativo aderente alla Legacoop.
Curioso? Tutta la vita di Colombarini è del resto molto curiosa. Inizia a lavorare a 18 anni durante l'estate raccogliendo frutta o smistando posta in qualche ufficio in quanto è il più grande di tre figli e bisogna portare soldi a casa; a 21 fa il facchino alla Ceam che nei primi anni Settanta è insieme alla Sabiem della Bastogi una delle maggiori aziende di ascensori al punto da fare di Bologna la capitale del settore ma poco dopo si laurea in matematica con il massimo dei voti in quanto sogna di fare l'insegnante per poi cambiare idea dopo un'esperienza di appena due mesi che definisce «tragica». E allorché gioca la carta dell'avventura imprenditoriale, lo fa a 35 anni nel settore degli ascensori che poi è quello che conosce meglio. Ma non li produce, la sua società si specializza invece nei servizi. Cioè? Si specializza nella manutenzione e riparazione di ascensori, montacarichi, scale e tappeti mobili. Di ogni tipo e marca, anzi la Monti Ascensori è l'unica a farlo a livello nazionale. Dalla metropolitana di Milano agli aeroporti di Linate e della Malpensa, dall'Enel al SanpaoloImi dalla Rinascente ai Jolly Hotels, dalla Regione Emilia-Romagna al Comune e la Provincia di Bologna, dalla Rai alla Pirelli Real Estate sino ad arrivare ad una trentina di ospedali e Asl come il Sant'Orsola di Bologna o la Asl n. 6 di Palermo.
Shopping. Quando poi fa shopping per svilupparsi, Colombarini non acquisisce aziende, lui compra contratti. Ora ha già superato quota ottomila. Contratti di manutenzione che poi non gestisce direttamente ma li dà per un buon 80% in outsourcing, all'esterno. Si rivolge in sostanza alle piccole imprese terze che ha messo in rete con il consorzio cooperativo perché provvedano alla manutenzione o riparazione di ascensori e scale mobili pur mantenendo lui il controllo della qualità e della sicurezza con una propria struttura. Spiega: «L'Italia è il primo mercato mondiale con oltre 760mila ascensori. Ma sono almeno 400mila quelli non in regola dal punto di vista della sicurezza in base almeno alla normativa europea recepita dal nostro Paese nell'ottobre 2005. Ed è con la manutenzione che si guadagna».
Autodidatta. Classe 1952, originario di Castel D'Aiano, un piccolo Comune dell'Appennino tosco-emiliano in provincia di Bologna, occhi celesti, fisico asciutto e volto affilato, Colombarini è un tipo estremamente calmo e molto paziente al punto da essere definito «un prete» proprio per la pazienza che ha nelle trattative. Ed è un tipo molto rigoroso tanto da licenziare, racconta, «dopo soli quattro giorni mia figlia Francesca, alla quale voglio più bene della mia vita, perché pretendeva di comportarsi e trattarmi in ufficio come se fossimo a casa. Un atteggiamento che non poteva essere consentito, tanto più che mio padre Bruno, una volta andato in pensione, ha lavorato qui per anni quasi gratis facendo il fattorino». Si considera un autodidatta in tema di ascensori ed infatti non ne sa quasi niente allorché a 21 anni, nel 1973, lo stesso anno in cui si sposa con Roberta Rossi, ex infermiera nella clinica universitaria di Bologna, inizia a lavorare come facchino alla Ceam. Passa poi in officina, quindi in ufficio una volta che si scopre che alle spalle ha una laurea in matematica, finché diventa il numero due dell'azienda come responsabile dei servizi. Vale a dire della manutenzione e riparazione degli ascensori. Anzi, dice, «sono il padre della Ceam servizi» creando a partire dal 1978 una rete di società partecipate, più o meno una ventina, che a quei tempi rappresentano una grande innovazione nel settore. E lì capisce come il campo della manutenzione sia «più trainante» della produzione. Ma nel 1986 i due titolari della Ceam vendono l'azienda all'americana Otis così come sempre in quegli anni i proprietari della Sabiem cederanno l'impresa ai finlandesi della Kone. Colombarini se ne va quasi subito perché le multinazionali, dice, «tendono a spersonalizzare il lavoro dei dipendenti in un'ottica di standardizzazione dei comportamenti. E a me la cosa non piaceva».
Trova qualche lavoretto finché nel 1987 incontra Walter Monti, titolare di una piccola impresa artigiana nata nel 1975 ad Ozzano Emilia. E gli parla dei suoi progetti nel campo dei servizi per gli ascensori. Un anno più tardi quella piccola impresa si trasforma in Monti Servizi Ascensori e Colombarini ne diventa il proprietario. Con la famiglia Monti che tuttora continua a collaborare: il figlio Mirko, che è un azionista della società con una quota dell'1,7%, fa il centralinista mentre Walter, il padre che ha superato la settantina, è consigliere di sorveglianza della Monti. Consigliere di sorveglianza? Già, perché entrando in Borsa nel luglio 2005, mercato Expandi, la Monti Ascensori adotta il sistema dualistico in auge in Germania e cioè il consiglio di gestione, più o meno equivalente al consiglio d'amministrazione, e il consiglio di sorveglianza. Ed è per il momento anche l'unica. È un sistema molto più snello», spiega l'avvocato Alberto Fabbri, civilista, e sponsor di questa scelta.
Infaticabile. Colombarini, abituato a lavorare anche il sabato e almeno due domeniche al mese, è inesauribile. E infaticabile. Così realizza anche alla Monti la rete di imprese esterne create ai tempi della Ceam. Ma con grosse varianti: non c'è questa volta nessuna partecipazione azionaria. Anzi, spiega, «anche l'obiettivo è diverso: offrire ai soci servizi, magazzino e strutture che possano consentire ad artigiani e piccole imprese di reggere la concorrenza in un mercato fortemente monopolizzato dalle tre multinazionali presenti in Italia e cioè la Otis, la Kone e la svizzera Schindler». Nel 1994 fonda così insieme ad altre imprese artigiane di Bologna il Consorzio servizi ascensori, una cooperativa nota come Csa e aderente alla Legacoop. Col tempo sono più di cento le imprese, un po' da tutt'Italia, che aderiscono al consorzio. Ed è proprio a questa rete di oltre cento imprese che la Monti affida in outsourcing il servizio di manutenzione e riparazione dei suoi ascensori mantenendo comunque la direzione dei lavori della qualità. Quindi, spiega Colombarini, «la Monti è l'unica responsabile nei confronti del cliente». A metà degli anni Novanta la Monti ha solo la manutenzione di 800 ascensori in Emilia-Romagna. Ma è da quel momento, dice, che «inizia la nostra crescita iperbolica con un'intensa campagna di acquisizione di commesse». Dalla Sea all'Enel e all'Atm di Milano. Con un punto di forza innovativo: «La trasparenza dei contratti». Cioè? La Monti, spiega, «utilizza modelli contrattuali di durata annuale tacitamente rinnovabili di anno in anno e privi di clausole vessatorie tipo il pagamento di una forte penale».
Export. La quotazione al mercato Expandi della Borsa, con il 40% delle azioni Monti sul mercato mentre il 50,1% è nelle mani di una società lussemburghese controllata da Colombarini, ha portato nelle casse dell'azienda circa 8 milioni di euro. Quattrini in parte utilizzati per diverse acquisizioni un po' in tutt'Italia per un totale di 2.500 impianti. Non solo comunque contratti, questa volta la Monti ha acquisito il controllo anche di due piccole aziende che producono a Ferrara e Ragusa 400 ascensori all'anno. Ma l'obiettivo resta sempre quello dei contratti di manutenzione: entro il 2008, dice, «vogliamo acquistarne altri 2.500». Oggi l'azienda ha, con i suoi 8mila contratti, trentadue dipendenti e un fatturato di 19,5 milioni di euro, tutti realizzati in Italia. Così, per potere avere un respiro anche fuori dai confini nazionali, Colombarini ha dato vita pochi mesi fa alla Monti International. E dal momento che vi hanno aderito, conferendo vari rami di azienda, una ventina di aziende del consorzio cooperativo tra cui una società francese, Monti International è diventata quasi subito Csa International. Con Colombarini nel ruolo di amministratore unico. L'idea: quotarla al mercato Aim di Londra o fonderla con la Monti Ascensori.

Si vedrà.
(101 - Continua)

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