Politica

Il comizio anti Berlusconi della toga del processo Mediaset

Alessandra Galli, che ha presieduto il collegio giudicante della Corte d’Appello di Milano nel processo Mediaset, interviene al comitato direttivo dell'Anm: "Ci chiedono di imbavagliarci"

La presidente della Corte di Appello, Alessandra Galli
La presidente della Corte di Appello, Alessandra Galli

Ci risiamo. Invece di lavorare in silenzio le toghe tornano a pontificare. E fanno pure le vittime. Sentite cosa ha detto Alessandra Galli, giudice che ha presieduto il collegio giudicante della Corte d’Appello di Milano nel processo Mediaset, intervenuta al Comitato direttivo dell’Anm: "Siamo in un momento in cui ci chiedono di imbavagliarci - dice in merito agli attacchi alla magistratura scattati dopo la sentenza definitiva della Cassazione sul caso Mediaset -. C’è una lesione forte del nostro diritto. Ci invitano a essere costruttivi per la pacificazione e non si dice invece cosa debbano fare gli altri che adottano comportamenti fuori dai principi di diritto".

La giudice Galli prosegue a testa bassa, interpretando la parte della vittima:"Ci hanno lasciato soli. La magistratura ha tenuto negli ultimi tempi un profilo del tutto corretto e anche fenomeni di sovraesposizione mediatica che in passato possono esserci stati, sono diminuiti. Ma non si può chiedere il silenzio assoluto alla magistratura. Di fronte ad attacchi che non trovano risposte in nessuna sede, si impone la necessità di spiegare: bisogna rompere questo circolo vizioso. C’è chi manifesta le proprie critiche prima che vengano depositate le sentenze e noi dobbiamo tacere, aspettare il deposito delle motivazioni e nel frattempo vedere descritta una situazione completamente diversa dalla realtà".

Nel corso della riunione del direttivo dell’Anm, di cui fa parte come rappresentante di Area, la giudice Galli ha detto che "bisogna interrogarsi sulla strada da percorrere per difendere non solo la categoria ma la collettività, perché è stato messo in dubbio lo Stato di diritto e il principio di uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge". E la lamentela va avanti: "Ci si chiede di imbavagliarci, ci si invita ad essere costruttivi e ci si attende che la magistratura faccia qualcosa per la pacificazione mentre altri tengono comportamenti al di fuori dei principi dello Stato di diritto. La magistratura ha tenuto un profilo corretto, ha accolto l’invito che aveva fatto il presidente della Repubblica e i fenomeni di sovraesposizione sono cessati".

"A Milano - prosegue - si è cercato di portare a termine processi il più tranquillamente possibile, ma non si può chiedere il silenzio assoluto della magistratura. Di fronte ad attacchi che non trovano nessuna risposta da parte di nessuno, chi vive certe vicende si sente quasi in dovere di sottoporre all’opinione pubblica circostanze di fatto che vengono pretermesse. Dobbiamo preoccuparci - ha concluso il giudice milanese - di come la magistratura possa far passare risposte puntuali di fronte a eccessi di critica e di valutazione del nostro operato, che avvengono talvolta prima del deposito di una sentenza. Noi restiamo zitti, ma si crea così una falsa ricostruzione della realtà che poi diventa impossibile da demolire.

Dobbiamo tutelare a monte quello che siamo".

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