Commissione d'esame irregolare, piovono i ricorsi degli aspiranti avvocati

Luca Fazzo

E meno male che dovevano essere loro a scegliere i futuri avvocati, verificando se avessero assimilato a sufficienza le norme del diritto: perché i commissari d'esame che nello scorso marzo hanno valutato un folto gruppo di aspiranti toghe milanesi hanno clamorosamente toppato. Col risultato che un primo gruppo di bocciati ha già fatto ricorso e vinto, e la loro vittoria rischia di scatenare una valanga di ricorsi degli altri bocciati, intasando il Tar e costringendo a rifare daccapo la correzione dei compiti.

Il pasticcio nasce al momento di correggere la prova scritta dei laureati in giurisprudenza che nel dicembre scorso avevano sostenuto l'esame per l'abilitazione professionale. I testi vengono imbustati in plichi anonimi e spediti a Roma, come si usa da qualche tempo per arginare le vistose diversità di valutazione che si registravano qua e là per la Penisola. E a Roma avviene il pasticcio.

Il 16 marzo nella Capitale si riunisce la commissione chiamata a correggere i compiti: ma è una commissione zoppa, perché sono presenti solo tre avvocati e due magistrati. Manca il professore universitario che per legge deve farne parte. Ma i cinque membri (per ignoranza o dimenticanza, chissà) procedono ugualmente alla correzione dei compiti. E «segano» una quantità di aspiranti: abilitazione respinta, sogni da avvocato che restano nel cassetto.

Ma parte una serie di ricorsi: ieri il Tar della Lombardia ne accoglie sei, ordinando che i compiti - mischiati ad altri compiti già corretti - vengano di nuovo corretti, da una commissione a norma di legge. «I termini - spiega Licia Gianfaldone, legale di uno dei ricorrenti - per presentare altri ricorsi ci sono, perché c'è stata di mezzo la sospensione estiva.

Certo, se un candidato è consapevole di avere fatto un compito da 4, non ha molto senso, perché lo bocceranno di nuovo».

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