Politica

Contrada, pm insistono: la revisione del processo non è ammissibile

La Corte di Appello ha dichiarato inammissibile la richiesta di rivedere il processo dell'ex dirigente del Sisde

Contrada, pm insistono: la revisione del processo non è ammissibile

La Corte di Appello di Caltanissetta si è pronunciato sull'istanza di revisione del processo di Bruno Contrada, ex dirigente del Sisde, ritenendola inammissibile. Contrada sta scontando in via definita 10 anni per concorso esterno in associazione mafiosa, accusa per cui era stato processato la prima volta nel 1996.

Sull'inammissibilità dell'istanza si era espresso in precedenza anche il procuratore generale Antonino Patti. "Mi trovo qui", aveva dichiarato Contrada in aula "non per riacquistare la libertà perché non so cosa farmene". Affermazione riferita al fatto che finirà di scontare la sua pena l'anno prossimo e che attualmente si trova ai domicilari, per motivi di salute e che quindi la libertà cambierebbe di poco la sua condizione. "Non cerco neppure un risarcimento pecuniario, che non accetterei per motivi di principio", fa notare Contrada in aula, ma voglio evitare di "lasciare ai miei figli, ai miei nipoti, un nome infamante".

L'ex dirigente del Side, in aula con il suo legale, ha reso le sue dichiarazioni spontanee, parlando delle sue vicende giudiziarie e delle accuse che gli sono stare rivolte da molti pentiti di mafia, lamentando anche un'incuria nei suoi confronti da parte della Corte, che non avrebbe dato voce a pentiti che sosteneva la sua posizione. Mannoia per esempio, che "fece dichiarazioni ai vertici della Procura di Palermo, di Caltanissetta e negli Stati Uniti d’America" e che di lui avrebbe detto semplicemente che era "un uomo della polizia che operava a Palermo", senza "rapporti con la mafia". Rapporti che non sarebbero mai stati messi a disposizione di Contrada nè dei suoi difensori, trovati negli incartamenti relativi alle stragi e venuti a galla solo dopo il 1996.

Nel suo discorso Contrada ha poi parlato di Vincenzo Scarantino, pentito che avrebbe depistato le indagini relative alla strage di via D'Amelio, scarcerato in attesa della revisione del processo Borsellino dopo le dichiarazioni rese da Gaspare Spatuzza. "Non è stato solo Scarantino ad accusarmi - ha affermato Contrada - ma altri e non è stato possibile smentirli". "Secondo Scarantino io avrei fatto uccidere dei confidenti della Squadra mobile rivelando a mafiosi che erano confidenti", conclude Contrada, ma "emerse che questi mafiosi non erano confidenti. Io ho saputo di quello che ha detto Scarantino nei miei confronti solo ora".

Un dato che avrebbe pregiudicato, a sua detta, la possibilità di acquisire le prove durante il processo e di smentire le acuse. "Nessun pentito che abbia detto mai che io abbia ricevuto dalla mafia qualcosa in cambio tranne uno, Gaspare Mutolo, perchè io a lui e al suo capocosca Rosario Riccobono li ho perseguitati per l’omicidio di un agente di 20 anni che mi morì tra le braccia". Solo lui, accusa Contrada, ha parlato dei regali che la mafia gli avrebbe fatto, compresa una "garconniere".

Una dichiarazione infamante che ha "distrutto moralmente un servitore dello Stato".

Commenti