Economia

La coperta della Bce e i piedi scoperti dell'Europa

Draghi ha deluso i mercati. Si attendeva una montagna ed è uscito un topolino

La coperta della Bce e i piedi scoperti dell'Europa

Le decisioni della Bce e le dichiarazioni nella conferenza stampa del presidente Mario Draghi hanno deluso i mercati. Si attendeva una montagna ed è uscito un topolino. Ne sono derivate tre conseguenze negative: le borse europee sono cadute, l'euro si è rivalutato di 3 punti sul dollaro e lo spread dei nostri titoli pubblici sui Bund tedeschi è risalito in poche ore di 40 punti da 90 a 130, cioè del 44%! Si pensava che la Bce avrebbe esteso il suo programma di Qe, Quantitative easing, ossia di facilitazione quantitativa del credito, per combattere la decelerazione dell'economia europea dovuta a fattori economici e politici interni all'Unione monetaria e a essa esterni, sia economici che politici, di grande rilievo. I fattori interni negativi sono: il rallentamento dell'economia tedesca troppo orientata all'esportazione in Asia che non poteva durare e poco indirizzata al mercato domestico; la stentata crescita italiana dovuta alla politica economica di Renzi fatta di bonus populisti e non di investimenti e liberalizzazioni del mercato del lavoro e dell'economia pubblica; l'attentato di Parigi che ha sconvolto la Francia e il Belgio e ha generato nuovi intoppi al funzionamento del mercato europeo e nuovi problemi connessi al caos migratorio. I fattori esogeni che hanno peggiorato lo scenario europeo sono: le sanzioni internazionali alla Russia; il rallentamento dell'economia cinese; l'indebolimento delle economie africane e mediorientali gravitanti sul Mediterraneo, dovute all'Isis e alle guerre intestine. Nonostante questi fatti preoccupanti non sono state decise nuove misure di Qe dalla Bce. Draghi nella conferenza stampa si è limitato ad annunciare che sarà prolungato il programma attuale; non ha indicato la data né ha detto che per alimentarlo sarà esteso ad altri tipi di titoli, come sarebbe necessario per dargli nuova massa di urto. Inoltre la Bce ha lasciato inalterato il suo tasso di 0,5 anziché ridurlo e non ha scoraggiato abbastanza i depositi di denaro delle banche presso di essa, che sono l'alternativa all'impiego in prestiti a famiglie e imprese. Due cose emergono, con chiarezza. La prima è che lo spread dei titoli italiani sui Bund sotto quota 200 e da ultimo sotto 100 è merito della politica espansiva attuata dalla Bce di Draghi dal dicembre 2011 in poi. Non dei governi di Monti, Letta o Renzi, che se ne pavoneggia. Infatti è bastato che Draghi sparasse un colpo troppo timido, per far aumentare lo spread del 44% in poche ore, nonostante che - comunque - il Qe ci sia e venga prolungato, sia pure in modo grigio. Per fortuna, grazie al Qe che c'è, il nostro spread rimane basso. Ciò ci protegge dagli effetti perversi che derivano dal fatto che Renzi, coi suoi bonus in disavanzo tiene il debito pubblico a un livello pericolosamente elevato, attorno al 130% del Pil e mantiene il bilancio pubblico in deficit oltre il 2%. Ciò, insieme a una mostruosa pressione fiscale, peggiorata ulteriormente dal fatto che il sistema dei tributi è un gruviera di alte aliquote e di buchi per sconti a favore di questo e quello e dal fatto che la stessa cosa accade alla spesa pubblica. Il bilancio della difesa è lo 1,2% scarso del Pil, ma il governo dà 500 euro di bonus culturale ai diciottenni per combattere l'Isis mandandoli a teatro gratis. La seconda cosa che emerge è che l'Europa a guida tedesca è dannosa a noi e pure ai tedeschi, che continuano a non capirlo. Il governo di Berlino e la Bundesbank si sono opposti a un Draghi combattivo anziché dimesso. Ciò perché il basso tasso derivante dal Qe «danneggia i risparmiatori tedeschi mentre beneficia i Paesi mediterranei». Ma a Berlino non sembrano rendersi conto che; a) il basso tasso di interesse consente a Volkswagen e alla Deutsche Bank di leccarsi le ferite derivanti dai propri pasticci, senza rischiare un crac; b) la politica espansiva della Bce ha fatto scendere il cambio dell'euro col dollaro e ciò controbilancia la svalutazione della moneta cinese in dollari e gli effetti deflazionistici del ribasso del prezzo in dollari di petrolio e altre materie prime; c) se si impone a tutti gli Stati di ridurre il deficit di bilancio, come è giusto e utile, bisogna che una politica monetaria espansiva e una politica di investimenti del governo europeo controbilancino gli effetti deflattivi delle politiche degli Stati membri. Non fare ciò, fa male a tutti. Come diceva Totò, è la somma che fa il totale.

E Renzi + Merkel con - Draghi non è un bel totale per il Natale. Francesco Forte

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