Controcultura

La copia di un Boccioni è un feticcio. Come Suárez

Per l'ammaccatura alla scultura il Belgio paga 229mila euro. Ma quanta ipocrisia sul calciatore...

La copia di un Boccioni è un feticcio. Come Suárez

Nella boria autoreferenziale di Tomaso Montanari c'è la convinzione di avere meriti e titoli per insegnare all'Università che «è corrotta fino al midollo, nel senso di guasta spiritualmente e moralmente». Se l'Università è corrotta fino al midollo, perché dovremmo pensare che lui ne sia esente e che i suoi concorsi, prima per associato poi per ordinario, non siano, come sempre accade, espressione di scambi e di favori tra baroni, ognuno garante del suo protetto? Il midollo corrotto è solo quello altrui? All'esame della attività di Montanari non risultano né scoperte né indirizzi metodologici nuovi, ma una semplice applicazione compilativa su materie e artisti su cui è vastissima la letteratura critica e a cui le ricerche di Montanari non hanno portato nessun apprezzabile avanzamento. Le doti prevalenti di Montanari sono di carattere divulgativo e passano attraverso la saggista pamphlettistica e verbose trasmissioni televisive. Sono condivise da alcuni le sue riflessioni moralisteggianti, ma non conosco nessuno che sia stato travolto dal fascino o dalla originalità delle sue parole.

Ben diversa è la riconosciuta abilità di affabulazione di Antonio Paolucci o il coinvolgente divertimento narrativo di Philippe Daverio, così come centinaia di migliaia di persone hanno seguito i miei spettacoli teatrali su Caravaggio, Michelangelo, Leonardo, Raffaello e decine di milioni le mie lezioni televisive. Io so quanti si sono appassionati all'arte ascoltandomi, e quanti sono stati coinvolti dalle seduzioni ironiche di Daverio. E si sa come nella didattica, anche universitaria, sia fondamentale il fascino, di cui Montanari è completamente privo. Per questo, a testimonianza dello sciacallaggio che gli è consueto, e di cui ha dato prova, infierendo, dopo la loro morte, su Oriana Fallaci e Franco Zeffirelli, leggo con sgomento le considerazioni moralistiche del Montanari sulla vicenda che ha coinvolto il calciatore Luis Suárez e l'Università per stranieri di Perugia. L'Università è corrotta, ma non per quello che riguarda lui. Dunque, «è osceno che l'Università premi fama e ricchezza di Suárez» (senti il tono sibilante): «avere le foto di un calciatore famoso che fa gli esami in Ateneo è il sogno proibito di ogni rettore, e un esame farlocco può apparire un prezzo accettabile, visto il completo smarrimento della missione originaria dell'Università... È la stessa logica per cui quella stessa Università per stranieri di Perugia aveva chiamato come professore ordinario Vittorio Sgarbi (salvo poi recedere) e l'Università di Palermo aveva chiamato Philippe Daverio come ordinario di Sociologia dei Processi artistici». Al vanitoso Montanari non viene in mente che ci avessero chiamato per le nostre capacità (dimostrate con titoli, mostre e proposte originali) e perché siamo bravi, e perché sappiamo raccontare la storia dell'arte meglio di lui. La sua vanità gli fa velo, e lo convince di avere meriti che noi non abbiamo.

Nell'Università «corrotta fino al midollo» lui si assolve, senza valutare che anche i concorsi in cui è risultato vincitore, con titoli limitati e assai modesti, possono aver avuto procedure opache, come le sue, non certo luminose, prove. Di tutto si può dubitare, meno che di lui; e però la vicenda di Suárez è esattamente l'opposto di come lui la interpreta. È evidente che Suárez non conosceva bene l'italiano. Ma a cosa serve la grammatica italiana a un giocatore di calcio? Nonostante Montanari finga di non accorgersene, l'obbligo della conoscenza perfezionata della lingua italiana per ottener la cittadinanza non è così evidente, e sembra piuttosto favorire discriminazione e pregiudizi razziali. La legge innalza i requisiti per complicare l'integrazione, attraverso regolette che rendono più difficile l'attività onesta, nei diversi rami, degli extracomunitari. E se a qualcuno, che fa lavori di concetto, gioverà conoscere bene la lingua italiana per necessità di relazione e di comunicazione verbale, un buon calciatore agisce con intelligenza e doti atletiche anche senza parlare. Non gli si fa quindi un favore in quanto persona famosa, per compiacenza di un glorioso Ateneo come quello di Perugia, ma si valuta che il suo contributo è legato alla forma fisica, e non alla conoscenza di Dante o di un linguaggio attrezzato per una efficace comunicazione.

La vicenda di Suarez è un grande inganno, perché si è fatto passare come favoritismo l'uso del buon senso, rispetto a specifiche capacità, acclarate e utili anche all'Italia sportiva. Le norme vanno applicate secondo criteri di opportunità e valutando le circostanze. Non dare la cittadinanza a Suárez per insufficiente conoscenza della lingua italiana è una manifestazione di razzismo, perché le sue capacità e il suo merito distinto, in un ambito preciso, Suárez li ha dimostrati. E la conoscenza della lingua italiana non aggiunge né toglie nulla al suo valore. Non c'è nessuna corruzione come la vede il borioso Montanari.

L'Ateneo di Perugia, con l'approvazione del suo rettore, ha fatto bene a promuovere Suárez, e a non pretendere quella conoscenza approfondita della lingua italiana, che si è magari pretesa da altri di cui non erano altrettanto preclare e indiscutibili le virtù specifiche. Si giudica o si sentenzia, valutate le circostanze. L'inchiesta giudiziaria sull'Università per stranieri di Perugia, che piace tanto al giustizialista Montanari, è profondamente ingiusta, così come è profondamente demagogica. Se siamo tutti uguali per diritti e doveri, non lo siamo per meriti e capacità. Tenendo conto di questo, i giudizi non possono essere uguali. Chi lo pretende, come Montanari, è in malafede e si considera superiore e immune da favoritismi, per albagia personale. Chi sa far bene una cosa, in tempi di dilettantismo, va premiato, non punito. Anzi, per non mortificarlo, è meglio che non conosca bene la lingua italiana, perché si incazzerebbe a sentire tanti stronzi che rivendicano l'uguaglianza. Vadano loro a giocare al suo posto, conoscendo così bene la lingua italiana. Suárez giocherebbe benissimo anche se fosse muto, e le sue capacità atletiche impegnano noi a dargli la cittadinanza italiana. Altrimenti, caro Montanari, il merito che tu ti attribuisci, in una università corrotta, non conterebbe nulla. Ma, se il merito conta, è facile capire perché le Università di Perugia e Palermo abbiano chiamato me e Daverio, mentre risulta meno chiaro perché altre abbiano chiamato te.

Per quello che riguarda il relativismo nel giudizio, un episodio di queste ore ci fa riflettere. Si avvia alla conclusione, dopo ben 17 anni e infinite perizie, la vicenda dell'opera in bronzo di Umberto Boccioni, Forme uniche della continuità nello spazio, prestata nel 2003 dal Comune di Milano al Museo di Ixelles per la mostra «Il futurismo italiano 1909-1926. La bellezza della velocità». È il 3 novembre quando un dipendente, trasportando un contenitore pieno di sedie che gli impedivano la visuale, scivola sul pavimento e urta accidentalmente il fianco sinistro della statua. Un volo di 50 centimetri e il danno è fatto. Ma quale danno? Secondo il Comune, il deprezzamento dell'opera, dovuto alla caduta, va quantificato in 900mila euro.

Ora, proviamo a immaginare che danno possa aver fatto non la scultura cadendo su una persona, ma una persona cadendo sulla scultura di bronzo! Chi ha esperienza, perfino Montanari, di tecniche artistiche e di fragilità o vulnerabilità dei bronzi, valuterà che il risarcimento, basato sulla percentuale di superficie colpita dall'urto (poco più che un'ammaccatura), difficilmente può quantificarsi in un danneggiamento grave, come indica una perizia compiacente. Molto correttamente la società di assicurazione quantifica il risarcimento al massimo in 3mila euro: «dopo 7 anni non appare documentato alcun danno patrimoniale da deprezzamento dell'opera», come indicano i giudici di primo grado. In attesa del secondo grado di giudizio, l'offerta del Comune di Ixelles è di 229mila euro, che non si capisce a cosa corrispondano. Periti, assicurazioni, magistrati: «quot capita, tot sententiae».

E non solo un bronzo non si può danneggiare irreversibilmente, se non in seguito a un bombardamento, ma quel bronzo di Boccioni non ha niente a che fare con l'originale. L'opera di Boccioni è in gesso, e quella inviata in Belgio è uno degli 8 bronzi ricavati, nel 1972, da un calco del 1949. Le convenzioni del mercato possono anche farla passare per un capolavoro, ma in realtà è una fusione postuma, riconosciuta dagli eredi, non un'opera originale di Boccioni. Lo spropositato valore deriva dal feticcio. Ma anche Suárez è un feticcio e, in considerazione del suo essere «più uguale», con molta ponderazione ed equilibrio, i professori di Perugia, apprezzate le circostanza, gli hanno preparato un abito su misura.

Bene hanno fatto.

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