Controcultura

Corazon, playa, señorita D'estate il pop canta spagnolo

Sempre più spesso in vacanza si "suona" una lingua che non si usa nel resto dell'anno. Col freddo certi brani non funzionano. Col caldo sì: colpa del nostro passato

Corazon, playa, señorita D'estate il pop canta spagnolo

Chissà poi perché d'estate ci piace lo spagnolo. D'inverno poco poco, giusto il minimo indispensabile. Ma, con le maniche corte, la musica cambia lingua. O, perlomeno, ne aggiunge un'altra. Non è una novità. Da qualche anno si capisce che arriva la bella stagione quando le radio iniziano a trasmettere brani pop cantati in spagnolo. Ad esempio, Enrique Iglesias è più preciso di un meteorologo e anche stavolta, con Súbeme la radio, ha portato il cielo sereno più o meno in concomitanza con Despacito del portoricano Luis Fonsi che in pochi mesi è diventato il video più cliccato di tutti i tempi. Fossero gli unici. Stavolta non c'è Alvaro Soler (il più trasmesso dalle radio l'anno scorso con Sofia) ma, oltre a una Shakira spagnoleggiante ma più «impegnata», arriva addirittura Jennifer Lopez che, dopo tanti anni, ha pubblicato proprio d'estate un disco interamente in spagnolo dal quale arriva il singolo Ni Tú Ni Yo in collaborazione con il duo cubano di urban music Gente de Zona. Ed è già in fortissima salita nelle playlist radiofoniche Mi Gente del colombiano J Balvin con Willy William e con un video che esibisce addirittura l'improbabile Gianluca Vacchi impegnato in un altrettanto improbabile balletto. Ritmo ipnotico, ritornello digeribile, implacabile «hook» della musica. Un brano che da solo «fa» estate.

E la lista spagnoleggiante potrebbe continuare arrivando persino a Baby K, che canta Voglio ballare con te con l'idolo spagnolo Andrés Dvicio e addirittura a Pamplona di Fabri Fibra con i Thegiornalisti che è cantata in italiano ma ha comunque un riferimento assai spagnolo.

Insomma, al di là dei risultati di classifica e di airplay, Spagna uguale musica da vacanza. Un'equazione magari superficiale ma istintiva che è confermata anno dopo anno da successi mostruosi tipo (Un, dos, tres) María di Ricky Martin e via elencando. Ma perché? Il riferimento alla lingua spagnola è stato di nuovo sdoganato nel pop da Johnson e Michael Righeira nel 1983 con Vamos a la playa, uno dei tormentoni più istantanei e duraturi della nostra storia. Fino a quel momento lo spagnolo aveva fatto rare e miratissime incursioni nella cultura pop come, ad esempio, il Mambo n°5 di Perez Prado che Federico Fellini usò per il celebre spogliarello della Dolce Vita (e che verrà rilanciato nel 1999 da Lou Bega). Ma poi poco altro.

Quando arriva Vamos a la playa gli anni Ottanta sono appena iniziati e sta (ri)nascendo quella voglia di divertimento che gli anni Settanta avevano sepolto senza troppe cerimonie. La crisi petrolifera. L'inflazione. Il terrorismo. Con il nuovo decennio, si sa, certe abitudini vengono resettate (e a breve lo saranno anche le ideologie che le avevano generate) e la nuova generazione è un terreno fertile nel quale germogliano altri obiettivi obiettivi e altre mete. Dal punto di vista musicale, l'osmosi del punk nel dark e nel metal, aveva lasciato attecchire più romanticismo nel pop. La canzonetta, la tanto vituperata (dai cantautori storici) canzonetta, si stava riprendendo l'estate. E lo spagnolo ne diventa una delle lingue ufficiali, essendo sfruttato pure da interpreti non spagnoli, come il croato Sandy Marton che con People from Ibiza ne fotografa lo stato nell'immaginario collettivo. La Spagna diventa un «brand» vacanziero per tutti i giovani. Barcellona. Ibiza. Formentera. Riparte allora ciò che oggi sembra scontato. Pian piano, lo spagnolo smette di essere soltanto la lingua del tango o della corrida per diventare la colonna sonora dell'estate musicale.

Un fenomeno che negli ultimi anni è diventato imponente anche grazie ad autentiche catene di montaggio della musica pop come Enrique Iglesias. Perciò l'equazione è ormai automatica, e addirittura implacabile, perché va a stuzzicare contemporaneamente le corde della memoria (ormai consolidata e trasmessa) e quelle della musica. L'industria discografica se ne è accorta e quindi impone agli artisti «competenti» uno scadenzario cronologicamente adeguato e guai a trascurarlo. E i risultati confermano la tendenza. Quanto durerà? A lungo, visto l'immobilismo degli ultimi anni. Ma, in fondo, non è così drammatico.

Ogni musica ha la propria lingua preferita e, dopotutto, abbiamo scoperto che lo spagnolo non è poi così malaccio neanche nel pop.

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