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Corte dei conti: «La recessione pesa sul Pil per 140 miliardi»

I rapporti annuali della Corte dei conti, si sa, non sono uno di quei generi letterari adatti a chi cerca svago nella lettura. Lo sa bene il ministro Giulio Tremonti, ieri al fianco del presidente Luigi Giampaolino durante la presentazione del Rapporto 2011 sul coordinamento della finanza pubblica. Si tratta in buona sostanza di lunghe teorie di dati e numeri. Che portano sempre a una sola conclusione: bisogna fare di più. L’ultimo rapporto, però, offre un dato oltremodo significativo. Gli analisti di viale Mazzini, infatti, hanno quantificato il «costo» complessivo della crisi del biennio 2008-2009. Secondo la magistratura contabile il Pil ha perso 140 miliardi a fine 2010. Una perdita che potrebbe salire a 160 miliardi di euro entro il 2013. L’analisi della magistratura contabile spiega che per rispettare gli impegni europei e raggiungere un rapporto fra debito pubblico e Pil pari al 60% l’Italia dovrà ridurre il debito del 3% all’anno, pari oggi a circa 46 miliardi.
«Va tenuto conto - spiega il Rapporto - delle implicazioni dell’inasprimento dei vincoli europei, e in particolare della nuova regola, assistita da apposita sanzione di tipo praticamente automatico, secondo la quale i Paesi che registrano un rapporto tra debito pubblico e prodotto superiore al 60% dovranno ridurre lo scarto tra il dato effettivo e questo valore-soglia di un ventesimo all’anno». Sul piano fiscale arriva il primo «salvagente» per Tremonti. Niente tagli alle tasse auspicano a viale Mazzini. Gli sforzi necessari per rispettare questi impegni europei rendono «impraticabile» la riduzione delle tasse. Secondo la Corte dei conti il rispetto dei nuovi vincoli europei «richiede un aggiustamento di dimensioni paragonabili a quello realizzato nella prima parte degli anni ’90, per l’ingresso nella moneta unica». Non si può tuttavia rinunciare a una manovra improntata alla crescita. Altrimenti i rischi di produrre effetti «depressivi» sarebbero dietro l’angolo. Non essendo, quindi, sufficiente limare ulteriormente la spesa pubblica - osservano - occorre interrogarsi su quelli che possono realisticamente essere i nuovi confini e i nuovi meccanismi dell’intervento pubblico nell’economia».
La magistratura contabile sottolinea poi come il «ridimensionamento dei programmi di spesa si sia concentrato, soprattutto nelle amministrazioni locali, sugli investimenti». Cui però è associata la «principale distorsione» di una evoluzione «non bilanciata, con la concentrazione dei tagli della spesa in conto capitale». Buoni risultati arrivano per quanto riguarda invece la spesa sanitaria. Le uscite complessive hanno raggiunto i 113,5 miliardi nel 2010, inferiore di oltre 1,5 miliardi al dato previsto per l’anno. L’incidenza in termini di Pil si conferma, tuttavia, sui livelli del 2009: il 7,3%; mentre è in crescita il peso sul complesso della spesa sanitaria. La magistratura contabile fa inoltre notare come «nonostante il numero delle regioni interessate da piani di rientro salga da 8 a 10, il 2010 è l’anno in cui si riducono di quasi un terzo le perdite prodotte dal sistema, come frutto, principalmente, della contrazione dei costi». Alla fine Tremonti esce cautamente soddisfatto da questa lettura che sottolinea soprattutto la «piena e finale coincidenza tra l’andamento della spesa e quello del Pil».

Soddisfatto anche il ministro Renato Brunetta, visto che i magistrati contabili hanno sottolineato il risparmio nelle spese relative al personale dell’amministrazione pubblica di circa 3 miliardi rispetto alle previsioni.

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