Politica

Così l’oleificio si è trasformato in una bomba

L’ipotesi principale è il guasto a una caldaia. Ancora dispersi i corpi di due operai

Clero Bertoldi

da Campello sul Clitunno (Perugia)
Alle prime luci dell’alba, con la nebbia, i giganteschi serbatoi della Umbria Olii, deformati dalle fiamme e dal calore, sembrano ancora più spettrali. I vigili del fuoco hanno domato l’incendio poco dopo le 23. Niente più lingue di fuoco, niente più fumo da quel momento. La colonna densa, nera, che si notava a chilometri di distanza sabato pomeriggio, è finalmente sparita. Lasciando il paese in un lutto cui ieri si è unito idealmente anche il presidente della Repubblica: «Non bisogna mai considerare questi terribili episodi come ordinaria amministrazione. Ogni volta bisogna avere la capacità di indignarsi e reagire».
È come se l’azienda olearia fosse stata bombardata. Sul posto sono rimasti una quindicina di vigili del fuoco di Perugia, Foligno, Spoleto. Il loro compito è tenere sotto controllo la situazione, coordinati dal funzionario Maurizio Fattorini, disaster manager del comando provinciale. «Stiamo monitorando - racconta - i serbatoi, ciascuno da 500 metri cubi, nei quali l’olio bolle e a 150 gradi rischierebbe di riprendere a bruciare». Nei silos rimasti in piedi le temperature raggiunte - fino a 700, 800, persino 1000 gradi - hanno fatto bollire migliaia di quintali di olio. Come grandi pentole che borbottano pronte, per la pressione, a proiettare in aria il coperchio o tutto il contenitore. I pompieri lanciano sulle pareti in lamiera dei grandi fusti migliaia di litri d’acqua. In continuazione. Per raffreddare la lamiera e il contenuto. «È un lavoro lungo e lento - spiega uno dei vigili, nel momento in cui riceve il cambio da un collega - perché l’olio mantiene temperature alte e a lungo, per la sua viscosità». Non è un caso che fin dall’antichità l’olio bollente fosse considerato un’arma da guerra: veniva lanciato da una triremi all’altra e dall’alto delle mura rovesciato sugli assedianti. Un vigile utilizza una «termocamera» che, da una quindicina di metri di distanza, riesce a fornire la temperatura dell’olio all’interno dei fusti e quindi a far scattare l’eventuale intervento sui contenitori a maggior rischio (quelli le cui temperature si avvicinano più a 150 gradi) con i lanci di acqua.
La Umbria Olii spa, considerata la seconda raffineria di olio d’Europa, con una produzione di 350 quintali al giorno, è in ginocchio. Gli oltre quaranta dipendenti rischiano di restare senza lavoro. Per fortuna la professionalità dei vigili del fuoco (sabato erano intervenuti anche da Terni, Arezzo, Roma) ha permesso di salvare tutta la zona della lavorazione (con impianti recenti e costosissimi) e più della metà dei 24 serbatoi, ospitati nel piazzale nel cosiddetto «parco contenitori». Due dei quali - e non uno solo come i testimoni avevano raccontato nelle prime ore - sono volati via, spinti dalla pressione, ad altezze incredibili (uno fino a una cinquantina di metri, l’altro a una ventina), prima di ricadere, raggiunto lo stato di inerzia, al suolo. E anche qui fortuna ha voluto che nessuno dei due «proiettili» sia caduto sulle abitazioni vicine. Lo spengimento dell’incendio ha permesso di recuperare, già nella tarda serata di sabato, i primi due corpi delle vittime. Uno mutilato, l’altro bruciato. Impossibile, allo stato, effettuare un riconoscimento. Anche se dagli abiti indossati qualcuno ha detto che uno dei due corpi potrebbe essere quello del titolare dell’azienda. Per altri due bisognerà attendere lo «smassamento», lo smantellamento delle pareti e delle parti pericolanti, nella speranza che non siano stati divorati dalle fiamme. I morti sono Maurizio Manili, 45 anni, nato a Terni e residente a Narni, titolare dell’azienda di manutenzione; Giuseppe Colletti, nato a Terni nel 1978 e residente ad Amelia; Tullio Mottini, 48 anni, di Massa Martana; Vladimir Todhe, 44enne albanese. È tornato a casa, choccato ma illeso, il gruista Klaudio Demiri, 24enne di Durazzo, in Albania. La procura ha notificato un avviso di reato per omicidio colposo plurimo aggravato e violazioni anti-infortunistiche a Giorgio Del Papa, amministratore delegato della Umbria Olii. Nelle prossime ore verranno disposte le perizie autoptiche sui resti dei recuperati anche per l’identificazione (col dna) e verranno nominati i consulenti per stabilire le cause del disastro. Si vuole capire cosa abbia provocato il «lancio» di due dei silos, saliti in cielo per decine di metri e poi ricaduti al suolo (per fortuna non sulle case del paese). Le ipotesi sono quelle della scintilla del saldatore, che ha causato un effetto domino nel volgere di un’ora (primo scoppio alle 13.02, esplosione principale alle 14, poi altre minori a seguire, proprio come in uno sciame sismico), e quella dell’anomalia o dello scoppio di uno o più caldaie di pre-riscaldamento, poste alla base dei grandi fusti, che avrebbero provocato l’incendio dell’olio (che brucia a 150 gradi). I Del Papa si dicono «umanamente distrutti», ma assicurano di aver rispettato tutte le norme anti-infortunistiche. Ipotizzano, insomma, una disgrazia o l’errore umano. Passata la paura della nube tossica (la colonna di fumo non aveva caratteristiche di pericolosità per la salute) resta il problema rilevante dell’inquinamento del Clitunno. Un’area, quella delle fonti e del fiume, di grande valore storico, naturalistico e paesaggistico, oltre che culturale. Il fiume risulta inquinato per circa tre chilometri. L’olio è vegetale e questo, almeno in parte, tranquillizza. Ma anche parte degli olii combusti si sono riversati nel fiume. Anche di questo aspetto si è interessato il sottosegretario alla Sanità Giampaolo Patta che, nella tarda serata di sabato, si è fiondato a Campello sul Clitunno. Il sottosegretario ha poi tenuto una riunione nella sede del comune di Campello, presente anche il presidente della Regione Maria Rita Lorenzetti. Accanto alla doverosa assistenza alle famiglie delle vittime, il governo si preoccupa anche delle conseguenze all'ambiente (in particolare l'inquinamento del fiume Clitunno), dell’economia e del lavoro del territorio.

Quello che hanno chiesto, a caldo, il sindaco Paolo Pacifici, la Regione e i sindacati dovrebbe ottenere una risposta in tempi rapidi: un intervento, anche finanziario, del governo.

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