Cronaca locale

Così gli ospedali lombardi sono diventati piccoli musei

Un patrimonio di beni culturali mobili secondo, per continuità di storia e identità, solo a quello della Chiesa cattolica. Non è, come si potrebbe immaginare, un patrimonio museale, ma quello del sistema regionale sanitario istituito in Lombardia con la legge 30/2006. Due le principali fonti di tale proprietà: da un lato donazioni ed eredità, dall'altro la volontà degli enti stessi, che spesso hanno rivestito il ruolo di committenti. Ne è derivato un aggregato eterogeneo di beni che comprende ritratti dei benefattori e collezioni d'arte, ma anche monumenti funerari, archivi, fototeche, biblioteche e raccolte di strumentazione medico-scientifica di interesse storico, oltre a un ricco patrimonio immobiliare che annovera edifici di indubbio interesse artistico. Basti pensare che la Fondazione Ospedale Maggiore Policlinico, Mangiagalli e Regina Elena è proprietaria di 16 chiese sparse in tutta la Lombardia, una delle quali, la chiesa dell'Ospedale Maggiore appunto, può vantare la grande pala d'altare di Guercino raffigurante l'Annunciazione. In effetti questa istituzione, che raccoglie l'eredità dell'antico Ospedale Maggiore di Milano, vanta senz'altro la collezione più rilevante per quantità e qualità delle opere. Ne è un esempio, come ricordano Daniele Cassinelli, conservatore dei Musei Civici di Varese, e il direttore generale del Consorzio Villa Reale e Parco di Monza, Pietro Petraroia, nel recente volume Milano capitale della salute, un pezzo d'eccezione come lo «Sposalizio della Vergine» di Raffaello Sanzio, poi ceduto dal nosocomio all'Accademia (ora Pinacoteca) di Brera. Non solo. I beni artistici della Fondazione ammontano a circa 2500 pezzi tra cui spiccano opere di artisti come Hayez, Segantini, Ceruti, Sironi, Carrà e Tadini, ingaggiati per commemorare i benefattori più generosi secondo una tradizione inaugurata nel '600 e poi emulata dagli altri ospedali. Forse anche per le dimensioni e il valore della sua collezione, la Ca' Granda è l'unico tra i nosocomi lombardi ad essersi dotato di un servizio beni culturali specificamente deputato all'amministrazione del proprio patrimonio artistico. Eppure sul fronte artistico non si può dimenticare Niguarda, che vanta una chiesa con vetrate realizzate su disegni di autori come Mario Sironi e Aldo Carpi e sculture di Arturo Martini e Francesco Messina, oltre a distinguersi per l'attività del MAPP, il museo dedicato all'arte contemporanea realizzato negli spazi dell'ex Ospedale Psichiatrico Paolo Pini; o l'ospedale San Carlo, frutto dei progetti di Gio Ponti. Vanno poi ricordate le collezioni sparse in tutta la Lombardia e almeno in parte rese note dal progetto «La Regione dà luce all'arte» tenutosi al Pirellone non molto tempo fa. L'Ospedale di Chiari, per esempio, è proprietario della «Madonna in trono col Bambino e Santi» di Moretto da Brescia, notevole opera cinquecentesca come i ritratti in possesso degli Ospedali Riuniti di Bergamo e firmati da Fra' Galgario, Giovanni Battista Moroni e Giovanni Cariani.

E se l'azienda ospedaliera di Lodi annovera tra i suoi averi il «Ritratto della contessa Teresa Zumali Marsili con il figlio Giuseppe» di Francesco Hayez, meritano di essere menzionati anche artisti come Romanino, Giorgio Duranti, Camillo Procaccini, Daniele Crespi, Giuseppe Vermiglio.

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