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"Così scoviamo i fannulloni. Ma la vita privata non si spia"

Le aziende si rivolgono agli 007: "I sospetti devono essere più che concreti. Guai a superare i limiti"

"Così scoviamo i fannulloni. Ma la vita privata non si spia"

I furbetti del cartellino tolgono il sonno ai datori di lavoro. I dipendenti fedifraghi e scorretti costano alle aziende entrate e produttività. Ma coglierli sul fatto è difficile, spesso quasi impossibile. E allora per inchiodare chi davvero non rispetta non solo le regole aziendali ma quelle universalmente riconosciute come da seguire sul posto di lavoro non rimane che rivolgersi ad un professionista. «Ma sempre e soltanto rispettando la legge. Non ci si può improvvisare agenti segreti. Oltre a essere illegale può diventare autolesionista in caso di procedimenti legali». Sergio Flores è fondatore e presidente della Mercury Protection, agenzia di investigazione con sede a Milano ma attiva da anni in Italia e all'estero.

Come funziona il controllo su dipendenti «sospetti»?

«Un'azienda può chiedere l'intervento di un investigatore solo in caso di sospetto concreto di comportamento fraudolento. Il caso da manuale è quello di un lavoratore assente per malattia che invece, in orario di lavoro, svolge attività non consone con la sua dichiarazione».

Capita spesso?

«Anche di recente. Una nota azienda si è rivolta a noi per un dipendente che era solito essere assente dal lavoro e diceva di avere problemi di movimento dovuti a un mal di schiena cronico. Con l'attività di investigazione abbiamo notato che nell'orario deputato all'eventuale controllo medico il soggetto si recava in palestra per un'intensa attività di sollevamento pesi. Non proprio adatto per chi dice di soffrire di mal di schiena, tanto da non poter lavorare in ufficio...».

E a quel punto?

«Abbiamo verificato che non fosse un episodio singolo, quindi lo abbiamo fotografato e consegnato la documentazione al datore di lavoro. Come è andata a finire non lo so, non è nostra competenza».

Quali sono i limiti alla vostra attività?

«Il comportamento che una persona tiene fuori dal lavoro non può essere oggetto di investigazione. Non ci si può permettere di entrare nel privato di una persona. Ogni mandato che ci viene affidato deve essere consono».

Ricevete richieste bizzarre?

«Molte volte. Un noto professionista per esempio voleva sapere a tutti i costi cosa faceva una sua dipendente nella sua vita privata. I motivi di lavoro erano solo un pretesto per conoscere altre cose e ledere la privacy del lavoratore. E allora abbiamo rifiutato l'incarico senza esitazioni».

Chi si rivolge a voi?

«Sia la piccola azienda familiare che la multinazionale con migliaia di dipendenti».

E come va a finire?

«Solitamente quando ci si rivolge ad un professionista più che un sospetto c'è quasi una certezza. Per l'azienda è un investimento e non fa questo passi se non ha convinzioni solide.

Altrimenti, è solo un costo inutile».

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