Cultura e Spettacoli

Cose da pazzi per radioascoltatori solitari

Un viaggio di notte, da soli, in autostrada. Pieni di caffè e con quella particolare acutezza dei sensi richiesta e in alcuni casi favorita dalla guida notturna. Sigarette e radio. Una lunga e fosca novella radiofonica che inesorabilmente ti tenga avvinghiato allo sterzo quand’anche fossi giunto a destinazione... In sottofondo scarsissimi effetti sonori e solo un pezzo musicale a legare il tutto. Penso a Paolo Conte, ma è questione di gusti personali.
Purtroppo è solo una fantasia perché di notte, ormai, alla radio si esibiscono comici inflazionati o si parla di vino, sempre con enfasi esagerata e approssimazione. Non ci sono più i bei racconti del terrore di una volta. Anche in tv, del resto, «le storie di zio Tibia» sono un lontano ricordo. Per fortuna allora c’è Adelphi, a stampare un librino pensato su misura per la radio e per una situazione come quella prospettata. Si tratta di La macchina in Corsia Undici, di Charles Ray Willeford III.
Nato nel 1919 a Little Rock, in Arkansas, questo scrittore comincia la sua vita avventurosa a tredici anni, quando salta su un treno merci, assume una falsa identità e se ne va a vivere per un anno da barbone in Messico. Sarà poi nella Guardia nazionale della California, all’Escuela de Bellas Artes di Lima, in Perù, addestratore di cavalli e conduttore di trasmissioni radio per l’esercito e non solo. Nonché attore - e qui il cerchio si chiude - in una trentina di radiodrammi degli anni Cinquanta. Oltre che pugile semiprofessionista, insegnante di lettere e filosofia, pluridivorziato e autore di una trentina di romanzi - Miami Blues, del 1984, il bestseller - un paio di raccolte di poesie e un numero cospicuo di racconti tra cui spicca, accanto a La macchina in Corsia Undici, una mai tradotta guida all’emorroidectomia.
La macchina in Corsia Undici viene pubblicato nel 1961 su Playboy e non è un noir come tutti gli altri. Ricorda Matteo Codignola nel breve saggio introduttivo che Willeford era stato redattore dell’Alfred Hitchcock Magazine. Sapeva bene, quindi, almeno cosa evitare: una trama che ruotasse sull’idea di una moglie che d’accordo con l’amante organizza l’omicidio del marito per intascare l’assicurazione. Su questo tema si concentrava infatti il 90 per cento dei lavori spediti alla rivista. Il fatto aveva chiarito bene al Nostro l’idea americana del matrimonio, ma non lo aiutava certo a trovare un’originale ispirazione narrativa.
Per la macchina - la sinistra attrezzatura da elettroshock - la scena si sposta in un manicomio e l’ispirazione gli arriva dalle sue stesse esperienze. Militare di carriera, egli ha scritto (e sua è, evidentemente, la responsabilità... ) che «l’esercito è un’istituzione composta al cinquanta per cento da psicopatici». Inoltre, la clinica in cui il protagonista Jake Blake va incontro al supplizio non pare tanto diversa da quella in cui Willeford aveva subito la famigerata undehemorrhoided.
Willeford aveva l’abitudine di dipingere a olio su enormi cartoni le scene e i personaggi principali dei suoi romanzi in gestazione. Non sappiamo se ricorse a questa tecnica cinematografica anche per il racconto in questione. È certo che il medesimo clima allucinatorio e paranoico si respirava nel cinema del tempo. Il corridoi della paura, di Sam Fuller, è contemporaneo e racconta di un giornalista che entra in manicomio per studiarlo da vicino e non ne esce più. In casa nostra, anni dopo, vede la luce Il fischio al naso di Marco Ferreri, con un Tognazzi strepitoso capitano d’industria e malato immaginario che finirà col farsi ibernare per rimandare i conti con le sue ipocondrie.
Con Willeford si parteggia per il matto e non ci si può staccare dalle pagine prima della fine. Chissà se i nostri dirigenti Rai se ne accorgeranno. Questo racconto è fatto per la radio. E Matteo Codignola gli ha anche trovato la colonna sonora perfetta: A Love Supreme, di John Coltrane, il più grande sassofonista della storia del jazz. Mettete su il disco e iniziate a leggere. Capirete perché.

Charles Willeford, La macchina in Corsia Undici (Adelphi, pagg.

70, euro 5,50).

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