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Di crepacuore si può morire

Uno studio australiano conferma: chi soffre per la morte di un congiunto ha la pressione più alta e battiti aumentati. Così il lutto può essere fatale.

Di crepacuore si può morire. E' una vecchia credenza popolare, ma ora è anche quello che affermano gli studiosi. Un team di scienziati australiani ha infatti studiato l'influsso che un lutto può avere sull'organismo. Le scoperte sono poco rassicuranti, anzi impressionanti: chi soffre per la morte di un congiunto ha una pressione più alta, battito cardiaco aumentato e un sistema immunitario indebolito. Tutte circostanze che possono mandare in crisi il corpo, fino a farlo morire. E' esattamente quel che da sempre si dice da parte delle persone comuni utilizzando semplicemente il buonsenso. Tante volte infatti abbiamo sentito dire che quella certa persona si era spenta perché non ce la faceva più a reggere il dolore per la perdita di un padre o di un figlio o della moglie. Ora gli scienziati australiani osservano nei dettagli i cambiamenti fisici avvenuti dopo il lutto. E ci mettono in guardia: attenzione a non sottovalutarli. Il rischio di attacco cardiaco, dice sempre la ricerca, aumenta di sei volte in chi ha perso il partner o un figlio e il pericolo si attenua solo dopo sei mesi. Quando il tempo ha medicato la ferita.

E in qualche modo la vita ricomincia.

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