Cronache

La Biblioteca nazionale chiude per caldo

Sulla porta della principale collezione di libri d'Italia un cartello avvisa che il condizionatore non va. Perciò ad agosto aprirà un'ora al giorno

La Biblioteca nazionale chiude per caldo

Il ministro Franceschini, inaugurando la «stanza di Elsa Morante» alla Biblioteca nazionale centrale di Roma, l'aveva promesso solennemente: «Il 2015 sarà l'anno delle biblioteche e degli archivi». Ma a quanto pare aveva dimenticato di specificare che l'anno sarebbe durato fino a giugno. Da luglio in poi sull'ingresso della più importante istituzione libraria d'Italia il seguente (umiliante) cartello: «A seguito del persistere delle condizioni climatiche torride e del malfunzionamento dell'impianto di climatizzazione, si comunica che è anticipata l'entrata in vigore dell'orario estivo a decorrere dal 9 luglio 2015». E quale sarebbe l'orario estivo? Sul sito si trovano maggiori ragguagli: apertura limitata alla sola mattina, dalle 8,30 alle 13,30, con ulteriore stretta a partire dal 10 e fino al 22 agosto, quando l'apertura verrà limitata a una sola ora al giorno, dalle 10 alle 11. La più importante biblioteca d'Italia, dipendente dal ministero dei Beni culturali, e istituita col mandato di conservare tutto ciò che viene pubblicato in Italia, chiude per caldo.

E così, mentre ci si riempie la bocca di volenterosi auspici sull'importanza della cultura, mentre si promettono mirabolanti investimenti per far rifiorire le menti degli italiani ostruite da anni di tagli sempre imputabili ovviamente ad altri governi, la madre di tutte le biblioteche italiane viene sconfitta dall'afa. Ed evidentemente da una gestione che non ha i mezzi per far riparare un impianto di condizionamento. Un orario d'apertura così limitato, considerando che la ricerca e distribuzione dei volumi a chi ne fa richiesta è da sempre piuttosto lunga e farraginosa, significa che chi fa richiesta di un libro dovrà quasi certamente tornare il giorno dopo per consultarlo. E in questo mese di agosto, più che di consultazione, con un'ora a disposizione, si avrà giusto il tempo di guardare l'indice. «È un fatto grave - accusa Enrica Manenti, presidente dell'Associazione biblioteche italiane - bisogna considerare che la biblioteca è frequentata soprattutto da ricercatori, alcuni anche provenienti dall'estero. L'estate infatti è spesso il momento ideale per ricavare il tempo che serve alla ricerche bibliografiche». Ma come può accadere un intoppo così clamoroso? «Questi edifici hanno bisogno di manutenzione - aggiunge l'appassionata bibliofila - e per farla ci vogliono i soldi. Negli ultimi otto anni biblioteche ed archivi hanno subito tagli agli stanziamenti che in alcuni casi sono arrivati anche al 50 per cento».

L'Italia del resto vive il paradosso di essere un Paese pieno di biblioteche, ma dove spesso la loro impostazione è antiquata. Negli ultimi anni almeno è stato creato un catalogo unico dei libri disponibili, come nella maggior parte dei Paesi occidentali esisteva già da tempo. Ma l'impostazione delle biblioteche non ha mai subito quello scatto che potrebbe trasformarle in motori della produzione culturale, oltre che luoghi di studio e di ritrovo. Il sito della rivista Internazionale riporta un confronto spietato: «A Parigi la biblioteca nazionale non fa pause estive e ha un sito in nove lingue; a Madrid la Biblioteca nacional de España d'estate riduce il suo orario dal consueto 9-21 a quello 9-19.30; o a Monaco, dove la Bayerischen Staatsbibliothek è aperta dalle 8 a mezzanotte».

E noi invece nell'«anno delle biblioteche» rimediamo un'ennesima figuraccia. Ed evidentemente lo stanziamento di otto milioni per il settore annunciato dal ministro Dario Franceschini non è bastato ad evitarcela. «La Biblioteca nazionale di Roma - spiega ancora Manenti - ci prova a lanciare iniziative. Ma è carente di strutture e organico, soprattutto quello scientifico, perché concorsi non se ne fanno da decenni. E le biblioteche senza bibliotecari non funzionano». Ora c'è da affrontare anche la sfida della rete di biblioteche e archivi che dipendevano dalle Province. Una volta abolite, Regioni e Comuni non si sono precipitati a rivendicarne la titolarità, anzi. E così potrebbero finire nell'orbita dei Beni culturali. Una scelta che a molti addetti del settore sembra un pericoloso errore.

L'ennesimo.

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