Cronache

Grillo e il falso mito della politica pura e diversa

Dopo Palermo, nuovo caso a Bologna. L'ira del leader: "Chi sbaglia paga"

Grillo e il falso mito della politica pura e diversa

I grillini hanno un problema con le firme. Stavolta non c'entra il complotto dei frigoriferi («mai visto tanti rifiuti pesanti abbandonati per strada», osservò sospettosa il sindaco Virginia Raggi). Non c'entra neppure la «scrofa ferita che attacca chiunque veda», vale a dire il premier nel linguaggio animalesco di Beppe Grillo. No, la questione, se volete, è più prosaica. Le regole per la presentazione delle liste elettorali suscitano sempre non pochi grattacapi ai capibastone cui spetta l'ingrato compito di coordinare la raccolta di migliaia di firme, in presenza di un autenticatore, vidimarle, assicurarsi che tutto fili liscio e che la soglia minima sia raggiunta al fine di soddisfare i requisiti di legge. Non c'è partito in cui non si verifichi la seguente faccenda: mancano poche ore alla presentazione delle liste, è tardi, di quei sottoscrittori manca il numero della carta d'identità, queste firme sono illeggibili, procuratevene delle altre, fate presto, di corsa, non c'è tempo... È chiaro che il M5S, a Palermo come a Bologna, gode di un consenso elettorale effettivo, confermato dal voto delle amministrative, per cui se il movimento di Beppe Grillo fosse stato escluso dalla corsa si sarebbe consumato, in sostanza, un vulnus democratico. A una fetta non trascurabile dell'elettorato sarebbe stata negata la possibilità di esprimere la propria preferenza politica. Cionondimeno, le inchieste di Palermo e Bologna confermano l'antico adagio di Pietro Nenni: a fare a gara tra puri, c'è sempre uno più puro che ti epura. I paladini incorruttibili della legalità, quelli che «noi siamo diversi», sono poi così diversi? Man mano che affiorano le imbarazzanti testimonianze dei firmatari a propria insaputa, la difesa grillina fa acqua da tutte le parti. Grillo dapprima nega, poi tenta maldestramente di mettere una toppa con una dichiarazione esilarante: «La firma falsa non è una firma falsa, è una firma copiata. È l'Oscar della stupidità. Noi se siamo disonesti non riusciamo neanche a essere disonesti». Insomma, ci abbiamo provato, ma non ci siamo riusciti. Per giunta, la falsificatrice pentita che per prima vuota il sacco con gli inquirenti ammette di aver avvisato il capo politico del movimento, Grillo per l'appunto, all'indomani del pasticcio siciliano. Lui sapeva, non sapeva, forse ha dimenticato. Quel che è certo è che le firme da vere sono diventate false, poi copiate e infine... ri-copiate, quando più d'uno ha dichiarato di aver firmato, sì, ma per il referendum sull'acqua pubblica. Vedremo quale sarà l'esito dell'inchiesta, di certo gli adempimenti per la sottoscrizione delle liste andrebbero semplificati.

Ferma la presunzione d'innocenza, quella che i grillini negano agli altri ma noi riconosciamo loro, il mito della diversità a Cinque Stelle si è infranto, da tempo e irrimediabilmente, contro lo scoglio della realtà.

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