Cronache

Archeologia, fra un mese sarà svelata l’origine della testa di leone di Africo

Il reperto bronzeo trovato nello Ionio sarà sottoposto ad analisi. I carabineri setacciano invano il fondale dove è stato recuperato. Oggi a Reggio Calabria si ricordano i 40 anni della scoperta dei Bronzi di Riace e torna d’attualità il "giallo". Nella denuncia sono descritte tre statue. Che fine ha fatto la terza?

Ricapitolando, in tema di scoperte archeologiche - recenti e datate - nello Ionio calabrese. La testa di leone, scoperta nei giorni scorsi nel tratto di mare fra Bianco e Africo «è un pezzo enigmatico», secondo la soprintendente ai Beni archeologici della Calabria, Simonetta Bonomi. Il divieto di navigazione, pesca e balneazione, istituito dalla Capitaneria di porto per tutelare i reperti segnalati dai sub che avevano trovato l’effigie bronzea del leone, è stato tolto dopo che i sub dei carabinieri avevano setacciato i fondali di Capo Bruzzano trovando solo un radiatore. Dunque, al contrario di quanto affermato dagli scopritori del «pezzo enigmatico», niente armature, niente frammenti di argilla e niente nave, dunque.

Quanto ai Bronzi di Riace, scoperti nell’agosto di quarant’anni fa a pochi chilometri da Capo Bruzzano, tornano sotto i riflettori dei media. Innanzitutto per la cifra tonda della ricorrenza della scoperta. E infatti stasera Reggio Calabria ricorda il ritrovamento con un incontro pubblico al quale Poste italiane, che ha dedicato ai Bronzi un grande omaggio filatelico (bolli, cartolina, annullo...). Poi perché Firenze vorrebbe ospitarli per un po’, per bissare a oltre trent’anni di distanza il grande successo di pubblico della prima esposizione al pubblico dei due colossi; e anche perché da tre anni sono senza museo; e infine perché... probabilmente erano tre e uno è sparito.

Iniziando dall’ultimo punto, decisamente il più inquietante, occorre dire che la rivista <CF251>Vanity Fair</CF> ha pubblicato il verbale con il quale il 17 agosto del 1972 Stefano Mariottini, lo scopritore dei Bronzi, comunicava alla Soprintendenza calabrese quanto aveva visto sul fondale di Riace. Nel documento si parla di «un gruppo di statue», una delle quali «sul braccio sinistro presenta uno scudo» (scomparso) e un’altra delle quali «ha un piccolo elmo» (scomparso anche quello). E non basta, una delle statue descritte dallo scopritore ha «le braccia aperte e una gamba sopravanzante rispetto all’altra». Una posizione, simile a quella del Poseidone di Capo Artemisio scoperto in Grecia nel 1928, diversissima da quelle dei due Bronzi di Riace. Quindi, il «caso» si dovrebbe riaprire.

Quanto alla richiesta di ospitare i due colossi a Firenze, richiesta avanzata dalla storico Franco Cardini, è «ben più che una mera provocazione», secondo Cristina Acidini, soprintendente per il polo museale fiorentino. Che aggiunge: «la cosa sarebbe fattibile». Acidini ricorda ancora le sensazioni magiche che le trasmisero nell’inverno fra il 1980 e il 1981, quando fu fra i fortunati che poterono vederle gratuitamente, appena restaurate, esposte nella sala che dà su piazza Santissima Annunziata all’angolo con via Gino Capponi. Fortunati ma non pochi, perché furono circa un milione. E dopo i mesi fiorentini vennero quelli del Quirinale, dove Sandro Pertini li volle ospitare per poterli mostrare anche a Roma.

Ma dalla Calabria l’assessore regionale alla Cultura, Mario Caligiuri, stoppa l’idea e anzi chiede al ministero risorse e progetti (da condividere con gli enti locali) per valorizzare il patrimonio storico e artistico calabrese. In parole povere, chiede almeno che finalmente venga terminato il restauro del Museo della Magna Grecia di Reggio. La risposta del ministero: abbiamo stanziato 7 milioni.

Tornando alla testa di leone trovata a Capo Bruzzano, «potrebbe essere di epoca romana o rinascimentale, ma il reperto resta un pezzo enigmatico sul quale serve fare approfondimenti», spiega Bonomi. Dopo le ispezioni in mare da parte dei carabinieri del nucleo sommozzatori di Messina, il sogno che dallo Ionio calabrese affiorasse qualche altro tesoro, come detto, si è infranto. E fine giornata la soprintendente ha fatto notare che «bisognerebbe dire quanto è costato allo Stato tutto questo circo che si poteva evitare attenendosi alle procedure ed evitare di informare prima la stampa e poi le autorità». Quanto alla datazione del reperto, bisognerà attendere i risultati delle analisi che su di esso compiranno gli esperti dell’Università della Calabria.

Ci vorrà almeno un mese.

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