Cronache

Gli assassini di Maria Grazia Cutuli condannati a 24 anni di carcere

È la sentenza della Corte d'assise di Roma per Mamur e Zar Jan, i due cittadini afgani già condannati in patria per l'omicidio di Maria Grazia Cutuli, avvenuto il 19 novembre 2001

Gli assassini di Maria Grazia Cutuli condannati a 24 anni di carcere

La prima Corte d’assise di Roma ha condannato due afghani per l'uccisione della giornalista Maria Grazia Cutuli, rimasta uccisa il 19 novembre 2001. Mamur e Zar Jan devono scontare una pena di 24 anni di carcere. I due erano già stati condannati, in Afghanistan, con una pena di 16 e 18 anni. I giudici hanno ribadito il movente politico dell'assassinio. La giornalista del Corriere della sera fu vittima di una vera e propria esecuzione insieme ad altri tre colleghi di testate estere, in un agguato avvenuto vicino a Kabul.

La pm Nadia Plastina, che aveva chiesto una pena di 30 anni, ha parlato di un fatto delittuoso gravissimo, compiuto con ferocia, violenza e barbarie da un gruppo paramilitare: "Uccisero la Cutuli e gli altri, colpiti alle spalle a colpi di kalashnikov, e poi si divisero il bottino. Fu un’azione audace e clamorosa messa a segno in un territorio in cui sapevano di godere di complicità".

La sentenza prevede anche che gli imputati risarciscano, con 250 mila euro ciascuno, i familiari della vittima e Rcs. "La sentenza dà valore al lavoro svolto da una giornalista che rappresentava l’Italia all’estero, portando avanti il diritto di informazione per il suo Paese", ha detto l’avvocato Paola Tuillier, difensore di parte civile della famiglia Cutuli. "A questa sentenza -ha aggiunto - si è arrivati anche grazie all’importante lavoro svolto dalla Digos, dalla Procura di Roma, dai servizi segreti afghani e dall’ambasciata italiana a Kabul".

"Un delitto politico e orribile", ha detto Caterina Malavenda, legale di Rcs. "La condanna in Italia conferma quella comminata all'estero ma ha un altro valore - aggiunge - Avere una sentenza in Italia non restituisce Maria Grazia alla famiglia, ma è di conforto per i parenti perché almeno sanno che lo Stato c'è. Ringrazio la procura e la digos per il lavoro eccezionale".

"Aspettiamo di leggere le motivazioni della sentenza - dichiara l'avvocato Valentina Bevilacqua, legale di Mamur -. Certo è che i profili di diritto e di fatto da approfondire sono tantissimi. Riteniamo che questa sentenza, pur rispettandola e, ci tengo a dirlo con forza, essendo vicino alla famiglia della giornalista, non renda giustizia".

Entrambi i legali dei due imputati hanno anticipato che ricorreranno in appello.

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