Economia

Ma le associazioni servono se non difendono i privilegi

Ma le associazioni servono  se non difendono i privilegi

R yanair ha riconosciuto i sindacati dei piloti delle varie nazioni europee in cui operano i suoi aerei. È una buona notizia, da festeggiare. È vero che i sindacati in particolare nei trasporti, nazionali e locali, spesso si rendono colpevoli di scioperi arbitrari con danni per il cittadino comune e l'economia, per pretese eccessive in aziende pubbliche in deficit.

Scioperi fatti spesso in periodi di festività onde creare disagi al pubblico e perdite di ricavi particolarmente elevate per le aziende mentre le adesioni allo sciopero sono facilitate dai «ponti» per le vacanze degli scioperanti. I contratti nazionali di lavoro dei sindacati validi per tutte le azienda delle categorie interessate con prevalenza sui contratti aziendali e la abrogazione dei contratti atipici della legge Biagi e da ultimo dei voucher, salvo poche figure, hanno ingessato il nostro mercato del lavoro, con danni per l'occupazione e per la produttività.

Ma sarebbe sbagliato «buttare la vasca con il bambino dentro». In questo caso il «bambino» è il sindacato che opera a livello aziendale, per la tutela dei lavoratori di una specifica impresa, contrattando con un datore di lavoro, che non ha dietro di sé il contribuente. Il sindacato espressione dei lavoratori dell'azienda, spesso composto da addetti della medesima, è consapevole del fatto che le sue condotte e le sue pretese debbono avere un limite, onde evitare che l'azienda vada male, anziché bene. Il datore di lavoro, a sua volta, non ha di fronte dei funzionari sindacali nazionali, che magari hanno una tessera di partito e che firmano contratti anche per addetti che non sono in grado di far sentire la propria voce, ma debbono subire decisioni altrui. Perciò, dopo la contesa fra le parti si giunge all'accordo che avvantaggia entrambi. Esso facendo bene all'azienda e a chi ci lavora, fa anche bene al pubblico che ne acquista i beni e i servizi e genera, per il Paese, più reddito, più occupazione, più efficienza.

Luigi Einaudi, nella prima decade del Novecento, ha scritto memorabili saggi, frutto di suoi lunghi reportage giornalistici, sugli scioperi delle fabbriche tessili biellesi e dei portuali di Genova, poi raccolti negli anni Venti in un libro intitolato La bellezza della lotta nelle edizioni di Piero Gobetti. Un intellettuale della sinistra liberale radicale di Torino, di cui lui non sempre condivideva le idee ma di cui apprezzava l'impegno e lo spirito libero. Einaudi spiega, in questo libro ancora molto attuale, che i sindacalisti aziendali che conoscono a fondo la propria impresa, al di là dello sciopero in contrasto con la controparte, desiderano vederla fiorire. Il datore di lavoro che li fronteggia, li conosce e li capisce ed ha interesse a un contratto produttivo per ambo le parti. Ciascuno lotta civilmente ed alla fine c'è l'accordo, che avvantaggia anche la comunità. Non sempre è così.

Ma senza la libertà di dissenso, il merito non emerge.

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