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Aventino o Quirinale: il dilemma del Pd

Aventino o Quirinale: il dilemma del Pd

Sette giorni in politica possono essere un'era geologica, soprattutto quando si tratta di passaggi tanto cruciali. Così, nonostante la convergenza delle ultime ore tra M5s e Lega, la partita delle presidenze delle Camere non sembra affatto chiusa. La prima seduta del Parlamento si terrà venerdì prossimo e solo allora si capirà davvero dove hanno portato le miniconsultazioni di questi giorni - ieri i Cinque stelle hanno incontrato Lega, Forza Italia, Pd e Leu - e le trattative riservate che vanno ormai avanti dalla sera del voto.

L'elezione dei presidenti di Camera e Senato, infatti, rischia di essere il banco di prova di un'eventuale maggioranza che possa poi sostenere un governo che eviti un veloce ritorno alle urne. E sia dal Pd che da Forza Italia è partita una controffensiva sotterranea per cercare di scongiurare un esecutivo M5s-Lega, uno scenario che suscita qualche perplessità anche al Quirinale. Non è un caso che nonostante la linea indicata da Matteo Renzi sia quella dell'opposizione «senza se e senza ma», ieri Ettore Rosato fosse vagamente più aperturista. «Valuteremo le candidature e voteremo le proposte convincenti», ha detto il capogruppo del Pd alla Camera. E pure il coordinatore della segreteria Lorenzo Guerini non ha sbattuto la porta, spiegando che «il confronto continuerà la prossima settimana». Considerando che fino a 48 ore fa Renzi sosteneva senza esitazioni che il Pd sarebbe dovuto restare fuori anche dalla partita delle presidenze, potrebbe essere l'indizio di un cambio di linea.

Non c'è dubbio, infatti, che tra i dem stia guadagnando terreno il partito del Colle, capitanato da Dario Franceschini e seguito dalla lunga filiera antirenziana. Sono quelli che teorizzano che il Pd non può limitarsi all'Aventino e deve cercare comunque di ritagliarsi un ruolo, pure se questo alla fine dovesse comportare di sostenere un governo a guida Cinque stelle. Non è un caso che proprio ieri Nicola Zingaretti, governatore del Lazio quotato tra i principali competitor interni di Renzi, abbai deciso di incontrare il sindaco di Roma Virginia Raggi con cui ha trovato «un'ottima intesa». Insomma, è il senso del ragionamento che fanno molti dirigenti del Nazareno, sempre meglio dare una sponda ai Cinque stelle che ritrovarsi un esecutivo in tandem Salvini-Di Maio.

Una linea che difficilmente troverà la sponda di Renzi, con il rischio che di qui a pochi giorni il Pd torni pesantemente a scricchiolare. Costretto a scegliere, infatti, l'ex sindaco di Firenze - che controlla ancora buona parte dei gruppi parlamentari - sarebbe più propenso a convergere sul centrodestra piuttosto che sul partito di Di Maio. Non è un caso che in queste ore siano in corso contatti anche tra il Nazareno e Palazzo Grazioli, proprio per valutare una possibile convergenza tra Forza Italia e Pd per «scegliere chi possa meglio garantire stabilità politica e istituzionale». Che, tradotto, significa dei presidenti che non siano del M5s.

Uno scenario possibile solo se il centrodestra resterà unito.

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