Cronache

Barricato con 15 persone nell'Agenzia delle Entrate: 5 ore di follia, poi la resa

Paura a Bergamo. L'assalto armato di un ex imprenditore: "Via quelli che sono qui per pagare". Prima libera 14 ostaggi, a tarda sera l'ultimo. FOTO 1 - 2

Barricato con 15 persone nell'Agenzia delle Entrate: 5 ore di follia, poi la resa

Ha aspettato il giovedì pome­riggio: il giorno in cui il fisco non è più solo una successione di nume­ri­e tabelle che ti strozzano, ma uffi­ci a­perti al pubblico e facce che dia­logano con i cittadini. Poi è entrato come si entra in banca per una ra­pina. Ma lui, l’uomo sui cinquant’anni che ha seminato il ter­rore a Romano di Lombardia, an­golo quieto e operoso della provin­cia di Bergamo, la rapina era con­vinto di averla giù subita ad opera dello Stato.

Forte della sua disperazione si presenta davanti alla sede del­l’Agenzia delle entrate con un fuci­le a pompa, esplode un paio di col­pi in aria, invita la gente a uscire pronunciando una frase vagamen­te alla Robin Hood. «Fuori tutti quelli che devono pagare». Quin­di si barrica all’interno prenden­do in ostaggio una quindicina di impiegati. E grida ancora: «Sono disperato, o mi uccido o faccio una strage».Inizia così una giornata in­terminabile e cupa, con le trattati­ve in bilico per ore, mentre l’Italia scopre una nuova dimensione an­tropologica: dopo i disperati che si danno fuoco davanti all’Agenzia delle entrate, dopo gli imprendito­ri che si suicidano perché il cappio dei debiti è troppo stretto, dopo i pacchi bomba recapitati ad Equi­talia, ecco venire allo scoperto una figura inedita, ma dai tratti inquie­tanti, il reduce, sommerso dalle cartelle di Equitalia, in guerra con il fisco.

«Non voglio niente - spiega ad un vice brigadiere dei carabinieri che si infila in quei locali per parla­mentare - voglio solo incontrare i giornalisti per raccontare la mia storia». Una vicenda che in quel momento nessuno conosce con precisione, ma tutti possono im­maginare, sia pure a grandi linee: quella di un piccolo imprenditore della zona con un passato nel busi­ness delle pulizie e un presente precario da imbianchino, messo in ginocchio dalle difficoltà. Segui­te dalla solita umiliante trafila: gli esattori di Equitalia che bussano alla porta, presentano il conto del­le disavventure, cominciano a se­questrare e bloccare i beni. E allo­ra Luigi Martinelli, si chiama così, perso per perso, decide di rendere pubbliche le proprie peripezie e accende di forza i riflettori dei me­dia che ormai con cadenza quoti­diana descrivono parabole uma­ne e finanziarie in fotocopia, come favole al contrario: l’inizio più o meno promettente, il finale dram­matico. Nel suo caso acuito dal­l’età: 54 anni, peggio di una con­danna.

A Romano si capisce in fretta che un margine per trattare c’è. E infatti in tempi rapidi quattordici ostaggi su quindici vengono libera­ti; in balia di quel fucile da film del­la mala r­esta solo un impiegato cin­quantaseienne, una vita al servi­zio dell’erario: Carmine Morman­di. Lui no, non se ne può andare, prima l’aggressore vuole il suo bot­tino fatto di pubblicità. Prima la di­sgrazia deve diventare di dominio pubblico, perché forse in fondo al­la follia c’è l’idea che la prima for­ma di giustizia sia trasformare un inseguimento privato in una noti­zia da prima pagina. La compagna di Mormandi, una ragazza ucrai­na, è in tabaccheria quando, poco prima delle 16, scatta l’irruzione. Corre, come altri, a vedere cosa sta accadendo e scopre che il suo uo­mo rischia la vita là dentro. Tet­yana prova a comunicare via sms, Mormandi risponde con due paro­le rassicuranti: «Sto bene». Intan­to la palazzina, che ospita l'Agen­zia ma anche appartamenti, si svuota. Scappa da casa una mam­ma che tiene per mano il bimbo di due anni, fuggono gli abitanti. Il pomeriggio si complica, la trattati­va si allunga, la resa si allontana e verso sera a Romano atterrano due elicotteri partiti da Livorno che trasportano le teste di cuoio dell’Arma,i ragazzi del Gis.Si profi­la un blitz? Non ce n’è bisogno.Al­le 21 Mormandi è libero, sotto choc, ma salvo. Dentro, la media­zione ha avuto successo: il vice bri­gadier­e Roberto Lorini e un carabi­niere del Gis hanno convinto l’uo­mo a ragionare, Martinelli viene portato in caserma. Gli trovano an­che due pistole.

Lui, però, addos­so sentiva solo i debiti.

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