Cronache

Trovato arsenico nel latte vicino all'impianto petrolifero Tempa Rossa

A Viggiano rilevati anche piombo e idrocarburi policiclici aromatici. La denuncia ambientalista

Trovato arsenico nel latte vicino all'impianto petrolifero Tempa Rossa

Sono state trovate tracce di arsenico nel latte appena munto in un allevamento poco distante dall'impianto Tempa Rossa di Viggiano.

Tre litri che un allevatore ha dato all'associazione "Cova Contro" per le analisi. Oltre all'arsenico sono state rilevate tracce di cadmio e piombo (seppur quest'ultimo nei limiti previsti dalla legge). Già nel giugno 2016 il Ministero della Salute invitò gli assessorati regionali alla sanità e i soggetti della filiera agro-alimentare ad applicare le indicazioni suggerite dall'Unione Europea sulla riduzione della presenza di cadmio nei prodotti alimentari. L'European Food Safety Authority ha fissato in 2,5 microgrammi per chilo corporeo il limite massimo tollerabile dall'organismo nel corso di una settimana. Parliamo di una sostanza chimica, il cadmio, presente anche nel rame, nello zinco e nel piombo.

Analizzando il latte, sono state trovate anche tracce di idrocarburi policiclici aromatici, si tratta di composti naturalmente presenti nel petrolio e nel carbone estremamente cancerogeni e che possono essere all'origine di malattie come il tumore.

Intanto il ministero della Salute sul sito annuncia "latte crudo una scelta consapevole" e ricorda come ci sia "l’obbligo di riportare nell’etichettatura del latte crudo la dicitura “da consumarsi previa bollitura” , introdotta a partire dal 2008 con una ordinanza del Ministero della salute".

"Già nel 2016 ricostruii la vicenda della cosiddetta “Baseline Total” e presentai un esposto-denuncia indirizzato alla Direzione distrettuale antimafia di Potenza. In quella denuncia sottolineavo che la presenza di boro, benzoapireni e altre sostanze riscontrate nelle acque inducevano ad ipotizzare un nesso con le attività estrattive." ha dichiarato il giornalista lucano di Radio Radicale Maurizio Bolognetti, impegnato da anni in una battaglia per l'ambiente nella sua terra.

Intanto la Regione Basilicata si difende e al termine del tavolo tecnico che si è svolto a Potenza ha fatto sapere che "il sistema dei controlli agroalimentari in Basilicata funziona". L'incontro è stato convocato "per condividere e valutare con gli organismi di controllo la qualità degli alimenti agroalimentari prodotti nelle vicinanze degli impianti di estrazione petrolifera". Erano presenti al tavolo, l'assessore regionale Francesco Pietrantuono, l'assessore regionale alle Politiche agricole, Luca Braia, il direttore generale Francesco Pesce, il dirigente Gerardo Salvatore dell'ufficio veterinaria e igiene degli alimenti ed i componenti degli organismi preposti al controllo dell'agroalimentare, fra cui Arpab, Istituto Zooprofilattico Sperimentale, Ara Basilicata, Fondazione Ricerca Biomedica, Fondazione Osservatorio Ambientale Regionale, Asp, Asm, Coldiretti e Confagricoltura. E' stata condivisa "la necessità di attuare con maggiore determinazione il protocollo regionale interdipartimentale di monitoraggio che già individua gli organismi deputati ai controlli su alimenti, agricoltura e ambiente, in coerenza con quanto previsto dal piano regionale di prevenzione". In continuità con quanto già fatto nei giorni scorsi, "gli ulteriori studi ed analisi già esistenti, riportati dai vari soggetti presenti all'incontro, saranno oggetto di integrazione della documentazione già resa pubblica e fruibile sul portale regionale". Tutti i presenti hanno confermato "la volontà di porre in essere azioni tese alla massima trasparenza e partecipazione al fine di evitare inutili allarmismi che minano la credibilità del comparto agroalimentare lucano, nota invece, ai mercati nazionali ed internazionali, per la sua qualità ed eccellenza, oltre che evitare di incidere negativamente anche sul settore turistico".

C'è un dato però che emerge dagli atti forniti da Bolognetti: "Da segnalare il campione di licheni, notoriamente un buon indicatore dello stato di contaminazione ambientale grazie alle sue capacità di bio accumulazione, nel quale sono stati riscontrati livelli di piombo, arsenico, cobalto, vanadio e cromo sensibilmente più elevati rispetto agli altri tipi di vegetali. Inoltre, anche nel campione di lombrichi sono state riscontrate concentrazioni di piombo, cadmio, arsenico e cobalto alquanto elevate. Ciò è sicuramente da attribuire alla tipologia del campione, in quanto a diretto contatto con il terreno dove i livelli di questi contaminanti possono raggiungere valori molto elevati". Si tratta di un estratto della relazione conclusiva al progetto di monitoraggio in Val d'Agri a cura di Izs (l'Istituto zooprofilattico sperimentale della Puglia e Basilicata) si riferisce a campioni controllati di origine vegetale animale dal novembre 2012 a maggio 2013. I dati sono stati pubblicati solo cinque anni dopo.

È chiaro che dove vivono i lombrichi vivono anche le mucche che brucano anche l'erba del vicino impianto Oli della Val d'Agri.

Non si vuol certo creare allarmismi, ma ci sono dei dati su cui bisogna tenere alta l'attenzione.

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