Politica

Di bosco e di riviera

Di bosco e di riviera

Mentre scriviamo non sappiamo come si sia concluso il vertice ad Arcore tra Silvio Berlusconi e Matteo Salvini, presenti Antonio Tajani e Giancarlo Giorgetti. Ci auguriamo bene, anzi, benissimo. Ma, detto questo, nelle parole di Salvini che hanno preceduto il summit, pronunciate mentre era ospite di Barbara d'Urso sulla rete ammiraglia di Mediaset, restano alcune cose incomprensibili a noi comuni mortali.

Il leader della Lega ha parlato di un «incontro privato», definizione che sfugge al lessico della politica, che non prevede la distinzione tra privato e pubblico nei vertici tra leader. Quasi che Salvini dovesse giustificare a Di Maio il fatto di vedere a quattrocchi quello che, almeno formalmente, è il suo più importante socio e azionista nel centrodestra. Di cui, altrettanto formalmente, lui è il leader. C'è vergogna, imbarazzo, c'è il fatto di essere prigioniero dei vertici Cinquestelle? Non lo sappiamo, ma - altra anomalia - Salvini, un minuto prima di incontrare Berlsuconi per decidere anche le liste elettorali per le prossime regionali da contrapporre a quelle grilline, ha detto che «i Cinquestelle sono persone serie ed affidabili e per questo il governo durerà cinque anni». Se fossi un elettore dell'Abruzzo, del Piemonte o dei tanti posti in cui si voterà la prossima primavera, chiederei a Matteo: «Ma scusa, capo, se le cose stanno così, perché ci chiederai di votargli contro?». E ancora: «A Berlusconi chiederò consigli». Quando, con un vero alleato, oltre ai consigli, ci si scambiano opinioni, ma per arrivare a una sintesi condivisa.

E allora la domanda sorge spontanea. Matteo Salvini, oltre che dalla sua, da che parte sta oggi e da quale starà domani? L'idea che mi sono fatto è che a questa domanda non ci sia risposta, perché Salvini è diventato uomo «da bosco e da riviera», cioè versatile, eclettico, adatto alle più diverse applicazioni e per tutti gli usi: leghista coi leghisti, grillino coi grillini, centrodestrino con Berlusconi. I latini dicevano: divide et impera. Sono passati secoli, ma, ancora oggi, è il miglior espediente per controllare e governare un popolo. Tutto il resto sono cose serie, cioè inutili nella politica di oggi.

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