Cronache

Brizzi prosciolto. Finisce in farsa il #metoo all'italiana

Brizzi prosciolto. Finisce in farsa il #metoo all'italiana

E insomma... due delle tre denunce arrivate troppo tardi, le questioni tecniche, il gip che «rigetta», un procuratore aggiunto e due pm dai nomi cinematografici (quasi da cocchieri di Ben-Ur)... e in Italia si archivia. La vicenda che aveva dato il via alla versione nostrana del #Metoo si chiude senza conseguenze. Non si sa se non sia successo qualcosa ma è comunque impossibile dimostrarlo. Cadono le accuse di violenza sessuale a carico del regista Fausto Brizzi. Il «movimento femminista contro le molestie» importato dagli Usa da noi non attecchisce, come una qualsiasi moda infelice. E così, mentre in America si procede con indagini, udienze, allontanamenti dai cast, si cerca di vedere chiaro nella Chernobyl di certe «intimità», in Italia ci siamo già stancati. Oltre ai racconti di molestie rivolte al regista da alcune delle sue attrici, Brizzi è stato oggetto di tre denunce per violenza sessuale, ma queste sono arrivate tra il 2015 e il 2017 quindi, in due casi su tre, troppo tardi dal momento che, per poter avviare le indagini, esposti di questo tipo devono arrivare sei mesi dopo l'accaduto e il fascicolo sul regista era stato aperto lo scorso aprile. Mentre, per quanto riguarda il terzo episodio, si sarebbe trattato di un «malinteso».

Posto che non riusciamo a comprendere come si possa travisare una violenza sessuale fino a ridimensionarla a «malinteso», il fatto è che ancora una volta ci siamo armati e abbiamo lasciato che solo gli altri partissero. Intanto la moglie vegana di Brizzi (l'attrice Claudia Zanella) è partita sul serio, ha fatto i bagagli, ha estirpato dal terrazzo la lattuga che brucava al mattino e si è tolta da un matrimonio che, in ogni caso, era diventato tossico, per lei e per sua figlia. Claudia e la sua bimba hanno passato mesi infernali, chiuse in casa, col terrore di rispondere al telefono. Vergogna, sospetti e umiliazioni ammalanti. Fino alla decisione di chiudere. Lui si è consolato, ovviamente. Con Silvia Salis, diciassette anni meno di lui, ex olimpionica e pluricampionessa italiana di lancio del martello (che sia stata la specialità ad aver scelto Brizzi?...). I due sono stati immortalati vestiti uguali con tute griffate Italia: effusioni, maniglie dell'amore, code di cavallo, occhi chiusi e baci a stampo. E insomma... una vita di nuovo normale, loro. Lei assolta per l'elusione dei controlli antidoping, lui con questo orrendo scandalo archiviato, un nuovo film (il profetico, Amici come prima) e la terrazza senza orto. C'è qualcosa che racconti meglio il nostro Paese, fatta eccezione per Lino Banfi all'Unesco e i genitori dagli «insulti adulti» alla partita di basket?

Donne che si sono esposte denunciando, accuse infamanti, vergogna, dubbi, particolari infrequentabili gridati in pubblico e scritti a caratteri cubitali da dove non se ne vanno, una famiglia sfasciata, una moglie e una figlia devastate e come finisce? In niente. Con un niente che non riabilita nemmeno Brizzi per come magari meriterebbe pure. Siamo bravissimi a rovistare nell'immondizia, a incipriare l'aria di miasmi tossici e poi a lasciare tutto lì, senza rimettere in ordine e senza trovare quello che cercavamo in quella affannosa, mefitica caccia. Archiviamo e lasciamo le vicende ammaccate. Incapaci di guardarle come prima, incerti su come osservarle poi.

La certezza della pena? Sì: è certo che facciamo pena.

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