Economia

A Bruxelles come al suk. L'Italia chiede solo sconti

A Bruxelles come al suk. L'Italia chiede solo sconti

«Senza l'Europa siamo finiti». Così mi disse, anni fa, l'allora presidente della commissione Ue, Romano Prodi, in un'intervista. Il Professore diventò poi «Mortadella» e molte delle sue speranze sul club del Vecchio continente, a cominciare dall'euro, sono naufragate come un Titanic davanti alle bianche scogliere di Dover (leggi Brexit).

Eppure quella frase è, ancora oggi, più che mai valida. Perché l'Italia continua a lamentarsi dell'Europa a due velocità che non decolla e del trattamento ricevuto dai «partner» che ci spremono, ma, alla fine, battiamo sempre cassa e, a Bruxelles, c'è regolarmente qualcuno che chiude un occhio (e, qualche volta, due) sui nostri conti pubblici. Ogni anno è la solita musica. Dipingiamo gli eurocrati come dei «cattivoni» che ci vessano, ma, poi, chiediamo tanti sconti e sconticini: magari di soppiatto, arriva puntualmente l'ok dal Belgio. È successo anche l'altro giorno con il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, che ha sollecitato, a proposito della manovra 2018, una riduzione da 0,8 a 0,3 punti di deficit equivalente ad uno sconto di 9 miliardi. La risposta è arrivata a stretto giro di posta perché il commissario Ue agli Affari economici, Pierre Moscovici è stato molto rassicurante alle domande di un giornalista.

L'Europa, è il succo del discorso, terrà conto delle circostanze particolari in cui si trova l'Italia e non farà nulla per ostacolarne la crescita. Musica per le orecchie di Padoan che ha ottenuto la massima fiducia da parte della Commissione: «Lui deve ora fidarsi di noi». Da una vita i giornali parlano del nostro braccio di ferro con i funzionari della Comunità, ma poi, in ultima analisi, facciamo sempre comunella con loro, compreso l'inflessibile Juncker. Non c'è due senza tre, insomma. Perché già due anni fa ottenemmo un bonus di 7 miliardi mentre, tra il 2016 e il 2017, abbiamo incassato qualcosa come 26 miliardi di maggior flessibilità, cioè 430 euro rosicchiati all'austerity per ogni italiano.

D'accordo, con tutti questi sconti, avremmo dovuto andare a tutto gas come corre una Ferrari di questi tempi ma così non è e non possiamo neppure tanto insistere sulla solita litania dell'Europa che ci penalizza e della Merkel che ci bastona ad ogni piè sospinto come un ufficiale prussiano. Se è vero, infatti, che la Germania ha avuto sempre tanti vantaggi dal resto dell'Europa, anche noi non possiamo lamentarci troppo, a dispetto degli enormi guasti provocati dalla moneta comune. Merito del governo di Paolo Gentiloni, certo, che si sta muovendo in modo pragmatico con i piedi ben piantati per terra, ma anche della maggiore disponibilità di coloro che manovrano le leve europee. Un po' di aiuto ce l'ha dato, dalla sala dei bottoni di Francoforte, il presidente della Bce, l'italianissimo Draghi.

Ecco perché non sarebbe un'idea peregrina ripescare Supermario in qualche modo a Roma quando, nel 2019, scadrà al vertice della Banca centrale europea: con lui a casa, lo sconto sarà assicurato.

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