Cronache

Il business fabbrica illusioni delle scuole per scrittori anticonformisti

È la slot machine della cultura, il refugium peccatorum degli scrittori delusi, la rete da pesca di chi si sente romanziere in attesa di fiorire

Il business fabbrica illusioni delle scuole per scrittori anticonformisti

Negli ultimi dieci anni (proprio quelli contraddistinti dalla crisi) l’Italia ha assistito ad un vero e proprio boom che per una volta non riflette le difficili condizioni economiche del Paese: quello di scuole e laboratori per diventare scrittori di professione. «Scuola Dumas», «Scuola del libro», «scuola di scrittura creativa Omero» e la «Holden» sono soltanto le più medagliate scuole di scrittura creativa oggi presenti in Italia. Ma da Milano a Roma c’è un vero e proprio oceano di istituti privati nati per creare gli «scrittori anticonformisti» del futuro. A diverse migliaia di euro all’anno. Sì, perché con la cultura si deve mangiare, specie se sulle spalle di chi ha un sogno nel cassetto. Nel Paese dei poeti (e che fu di santi e navigatori) si contano almeno un centinaio tra scuole, centri di formazione, corsi e cicli di lezioni sulla «creative writing»; si stima che nell’ultimo decennio abbiano coinvolto oltre 10mila giovani e meno giovani. Un dato enorme, se paragonato al periodo 1983-2008, quando in ben venticinque anni - dalla nascita del primo corso di scrittura creativa Raffaele Crovi - gli aspiranti scrittori erano stati poco meno di 20mila. E il prezzo da pagare per diventare scrittore è salato: si va dal migliaio di euro per un corso che oscilla dalle 15 alle 20 lezioni per arrivare alla retta da 10mila euro annuale dell’esperienza torinese di Baricco: la scuola Holden.

Le testimonianze

Ora, dopo circa dieci anni dalla definitiva affermazione del fenomeno, i nodi hanno cominciato a venire al pettine, anche tra i «clienti» delle scuole. E hanno scoperchiato il vaso di Pandora di un business tanto sottostimato quanto ormai radicato. «Non ti insegnano niente di davvero innovativo che tu non possa imparare da autodidatta - dice amareggiato Paolo, un ex studente -, ma è forse l'unica occasione per entrare in contatto con il mondo editoriale, che altrimenti è un muro invalicabile». Così, l’unicità delle «scuole per scrittori» diventa spesso la sola possibilità di conoscere scrittori affermati, come in un’infinita fila firmalibro in cui devi persino metter mano al portafoglio. E ad offrire uno spunto sui risultati a cui può ambire un aspirante scrittore sono le stesse scuole: «Alla fine del corso il tuo progetto potrà diventare un libro!», recita uno slogan pubblicitario di un seminario romano. Ad esprimere dubbi su queste «palestre» della narrazione sono gli stessi frequentanti, che si interrogano anche sulla preparazione impartita nelle aule: «Sono corsi che tendono a omologare la scrittura letteraria, sfornando nei migliori dei casi libri di pronto consumo», confessa Lorenzo, un ex aspirante scrittore. E con le stesse parole si esprimono decine di suoi «colleghi di speranze». Addio quindi allo scrittore che supera regole e convenzioni e armeggia con lessico e grammatica. Nella nuova catena di montaggio editoriale la scrittura è un marchio di fabbrica. Sempre uguale a sé stessa.

Sulla Holden

Così, 23 anni dopo la Holden, siamo pieni di scrittori fatti con la matrice, dove lo storytelling diventa sì specializzato ma anche patriarca di uno stile rigoroso entro i confini dettati dai docenti. Ma l’esperimento torinese di Baricco merita un approfondimento specifico, a partire da imballaggio e decorazione, che nella «narrazione Holden» sono fondamentali. «Ricordo la presentazione: tutto confezionato, commerciale, mi è parsa più un'occasione per conquistare nuovi clienti che per spiegare le modalità didattiche», dice uno dei giovani che ha deciso di non proseguire nel percorso formativo sabaudo. Insomma, di anticonformista la Holden sembra avere ben poco. D’altronde, per frequentare il biennio nella prestigiosa scuola bisogna sborsare 20mila euro. Se non si è così fortunati da poterselo permettere, la scuola si trasforma in una banca con i cosiddetti «prestiti d’onore». «Pur di frequentare la scuola molti studenti si indebitano e quando finiscono il biennio devono iniziare a ripagare il prestito ricevuto. Gli indebitati sono davvero tanti», rivela un’ex studente. C’è da dire che quantomeno l’Istituto di Baricco ha il merito di offrire una preparazione di livello - seppur omologata - e di agevolare contatti tra i giovani e il mondo editoriale. «I docenti sono bravi - continua l’ex studente - e non è raro che chi abbia davvero talento alla fine abbia contatti anche con grandi case editrici. Paghi soprattutto la possibilità di conoscere qualcuno, il sistema è basato tutto su questo». D’altronde, la riprova del fenomeno sono i risultati: le scuole di scrittura nostrane continuano a non riuscire a sfornare grandi scrittori made in Italy e tutte le novità editoriali degne di nota negli ultimi sono il frutto di sperimentazioni letterarie autonome.

Tutto il resto sembra essere riempimento editoriale.

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