Cronache

Nel campo profughi del Brennero i clandestini respinti dall'Austria

REPORTAGE Confine italo-austriaco invaso da migliaia di immigrati. Strutture di accoglienza al collasso: centinaia vivono in strada

Nel campo profughi del Brennero i clandestini respinti dall'Austria

Brennero - Mentre il treno si avvicina alla stazione, due bambini giocano lungo i binari. I poliziotti schierati sullla banchina li allontanano dal bordo del marciapiede e li riconsegnano alle madri. Poco più in là, decine e decine di persone siedono in terra tra i fagotti, cercando riparo dal sole tra le sterpaglie della ferrovia. Qualcuno guarda inebetito il telefonino, altri dormono con il cappuccio tirato sulla testa.

Sembra di essere in un gigantesco campo profughi, ma è solo la stazione del Brennero: uno scalo invaso da migliaia di immigrati africani che da mesi tentano disperatamente di passare il confine con l’Austria.

Come già accadeva a Ventimiglia con i francesi, la polizia austriaca ha di fatto chiuso il confine, sbarrando la strada ai clandestini. Chi viene sorpreso senza documenti in regola viene fatto scendere dal treno a Innsbruck, caricato su un pullman e, dopo un rapido controllo sanitario, riaccompagnato in Italia. Un tempo i controlli venivano svolti da pattuglie miste di agenti italiani, austriaci e tedeschi.

Da qualche mese però, denuncia il Siulp, gli accordi sono stati modificati e i poliziotti italiani scendono al Brennero: "una cessione di sovranità inspiegabile e ingiustificata", ci spiega il segretario provinciale Mario Deriu, "lo Stato italiano costringe la polizia ad abdicare alla pariteticità tra Stati".

Gli immigrati che sognano di arrivare a Monaco di Baviera vengono respinti dagli austriaci ma tentano la fortuna giorno dopo giorno. Il copione si ripete identico ogni mattina, finché i disperati – ci sono anche molti bambini, a volte in fasce – non si rassegnano a tornare indietro, verso Trento e Bolzano, per poi proseguire alla volta grandi città della pianura padana.

Eppure, ci spiega una ricercatrice della fondazione bolzanina “Alexander Langer”, che da tempo studia la questione, il regolamento Dublino III sui richiedenti asilo nell'Unione Europea garantirebbe, a determinate condizioni, il ricongiungimento dei minori non accompagnati con le famiglie d'origine. Molti migranti non sono ancora maggiorenni e secondo la legge avrebbero il diritto di lasciare l'Italia. Eppure le pratiche non vengono inoltrate e tutti rimangono bloccati alla stazione del Brennero.

Qualche chilometro più a sud, a Bolzano, la situazione non è migliore. I volontari delle associazioni caritatevoli che si prendono cura dei profughi fanno del loro meglio, ma le strutture sono quelle che sono: quasi ogni notte alla stazione dormono tra le cinquanta e le cento persone, ospitate in una sala d'aspetto che viene lasciata aperta per l'occasione. Incontriamo Kingsley, ventiquattrenne nigeriano, che ci racconta di essere arrivato a Bolzano dopo un viaggio sui barconi fino alla Sicilia. Prima, la traversata del deserto e il carcere in Libia; quindi la fuga e la navigazione fino all'Italia. Vuole andare in Germania, dove è più facile lavorare, ma gli austriaci lo hanno già respinto tre volte e ora vive in città senza sapere bene cosa fare.

Del resto, se a Bolzano piangono, a Trento non si ride.

La sistemazione dei profughi suscita accese polemiche politiche e il rifiuto di Lombardia e Veneto di accoglierne altri non lascia ben sperare per il futuro: Trentino ed Alto Adige rischiano di trasformarsi in un imbuto, con i clandestini che vi si riversano da ogni parte, come l'acqua di un lavabo che abbia il rubinetto che perde e lo scarico otturato.

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