Cronache

Il campo rom di Renzi

Poderaccio è il campo rom di Firenze simbolo della gestione di Renzi quando era sindaco della città. È l'emblema della sinistra dal cuore d’oro, dal portafoglio aperto e dalla retorica di un’integrazione che non integra

Il campo rom di Renzi

Si chiama Poderaccio ed è il campo Rom di Firenze simbolo della gestione di Matteo Renzi quando era sindaco della città; emblema della sinistra dal cuore d’oro, dal portafoglio aperto e dalla retorica di un’integrazione che non integra.

Fu costruito nel 2005, dal predecessore di Renzi, per ragioni nobili: tempo prima, nel vecchio accampamento fatto di baracche fatiscenti, morì una bimba a causa di un incendio; per cui, allora, nessuno si oppose alla costruzione di un villaggio più sicuro e accogliente, anche se la spesa di 3 milioni di euro per 49 abitazioni di legno di 50 mq sembrava eccessiva.

Poi, durante gli anni di Renzi sindaco, quel villaggio si è trasformato in una bidonville nella quale la sinistra ha buttato (e continua a buttare con l’attuale sindaco Nardella) soldi pubblici per attività che sono gestite dalle solite cooperative rosse (sempre le stesse da anni) secondo quel collaudato sistema clientelare che in Toscana genera da sempre un circuito di potere, denaro e voti.

Il Poderaccio, insieme al campo dell’Olmatello il secondo campo Rom di Firenze oggi dismesso, sono costati oltre 1,5 milioni di euro di soldi pubblici solo per i servizi aggiuntivi alcuni dei quali assolutamente originali come, per esempio, l’attività di portierato del campo affidata ai Rom stessi che quindi sono stati pagati per vigilare casa loro.

Nella giostra dell’emergenza perenne c’è di tutto: persino il costo a carico del Comune dei lavori di “dismissione di moduli abitativi e manufatti abusivi”; in altre parole gli abusi edilizi dei Rom sono pagati dai cittadini fiorentini.

Eppoi le spese per gli “educatori di strada” e le attività di sostegno scolastico per i bambini del campo, che, come ricorda Jacopo Cellai, il capogruppo di Forza Italia al comune di Firenze, “continuano ad essere organizzati ogni anno secondo un modello copia incolla; come se non ci fosse mai un miglioramento o peggio, le ore in più venissero richieste senza un collegamento reale alla situazione scolastica di questi ragazzi”.

Tra le spese più costanti, quelle per i mediatori culturali che non sono altro che gli interpreti, perché “molti di questi Rom giunti in Italia 15 anni fa dalla Bosnia in guerra, ancora non parlano l’italiano”. Tra le capanne ormai deformate dall’umidità, la discarica abusiva, che circonda il campo, i topi che le derattizzazioni del Comune non riescono ad eliminare, si mostra il vero volto della retorica dell’integrazione della sinistra.

Guardando quello che Renzi è riuscito a fare nella “sua” Firenze, ci domandiamo se sia più razzista chi pensa che luoghi del genere vadano abbattuti o chi continua a sfruttare il business della solidarietà sulla pelle degli emarginati e sulle spalle dei cittadini.

@GiampaoloRossi

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