Cronache

Il caos del 112, numero unico risposte più lente

Il Pnfd, sindacato autonomo di polizia, ha stilato un dossier in cui si contano 850 sale operative e di emergenza in tutta Italia

Il caos del 112, numero unico risposte più lente

Negli Stati Uniti se ti trovi nei guai c’è il 911, in tutta Europa devi comporre sul telefono il 112. Tutta Europa o quasi. Perché l’Italia prima di adeguarsi ci ha voluto pensare bene: 24 anni. E ora che siamo partiti con le prime due regioni che hanno creato un numero unico per l’emergenza scoppiano già le polemiche sul funzionamento del servizio. A partire dal fatto che il Parlamento ha deciso di assegnare a ogni Regione l’organizzazione del numero unico sul proprio territorio. Con il risultato che ognuno fa a modo suo.

La Lombardia aveva iniziato la sperimentazione già nel 2010 nella provincia di Varese e poi ha affidato la pratica all’Agenzia regionale emergenza urgenza che esisteva già dal 2008. Il Lazio è partito nel dicembre 2015 formando un’apposita struttura con 80 persone selezionate tra personale interno, delle Asl e di altre società controllate che sono state sottoposte a formazione. Ma, a giudicare dalle critiche, c’è stata un po’ più di improvvisazione. Di lamentele ce ne sono state parecchie ma l’ultimo caso ha fatto rumore perché l’avvocato e parlamentare Giulia Bongiorno ha raccontato su twitter di aver chiamato il 112 dopo l’incendio del Bar Ciampini, ritrovo vip nel pieno centro di Roma, ed essere stata rimbalzata da un operatore all’altro: “Pompieri coraggiosissimi ma quando ho chiamato mi hanno fatto interrogatorio passandomi due persone. Perché perdere tutto questo tempo? L’attesa è stata lunga”. E la testimonianza coincide con altre analoghe.

I responsabili del servizio si sono difesi sulla cronaca di Roma del Corriere della Sera replicando che da quando ci sono loro la durata del tempo di risposta è scesa da 15 a 9 secondi. Ma i sindacati delle forze dell’ordine non sono per niente d’accordo, anche perché lamentano che nel call center non c’è personale specializzato, soprattutto in campo di emergenza sanitaria. Il modello prescelto del resto è proprio questo: creare un centralino che filtra le chiamate e le smista alle sale operative delle varie forze dell’ordine e servizi di emergenza. Sale operative che sono tutte rimaste in piedi, alla faccia del numero unico e della spending review.

Il Pnfd, sindacato autonomo di polizia, ha stilato un dossier in cui si contano 850 sale operative e di emergenza in tutta Italia. Solo a Roma ce ne sono 30. Ce n’è una ciascuno riservate a Camera, Senato, Quirinale, Palazzo Chigi e Vaticano. Una è stata istituita apposta per il Giubileo. Per rendersi conto dei costi, il sindacato riporta la cifra media stanziata dal Viminale per le sole sale operative di polizia e carabinieri: circa 100 milioni. La sola istituzione di una nuova sala può costare 500.000 euro, ma per tenerla operativa serve tanto personale specializzato e attrezzature. “La nostra proposta -dice il vice questore Filippo Bertolami, segretaro nazionale del Pnfd- è di creare il numero unico accorpando sale operative per ridurle di numero e risparmiare.

E affidare la gestione del servizio unificato a sale interforze”. È anche una questione di sicurezza: in tempi di terrorismo, ci possiamo permettere il modello del cosiddetto “call center laico”, cioè senza forze dell’ordine, che comporta comunque un passaggio in più?

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