Cronache

Gli immigrati nel business degli "stracci": che fine fanno i nostri abiti usati

Si arricchivano con il traffico di vestiti usati sfruttando i richiedenti asilo ospiti nei centri di accoglienza della zona per tre euro l'ora: fermati un tunisino, cinque marocchini e un napoletano

Gli immigrati nel business degli "stracci": che fine fanno i nostri abiti usati

Un business milionario sulla pelle di decine di migranti sfruttati dai caporali. È quello messo in piedi a Cremona da un tunisino, cinque marocchini e un napoletano di 62 anni che si arricchivano con gli abiti usati recuperati dai cassonetti posizionati davanti alle abitazioni della provincia di Cremona, Como, Bergamo e Reggio Emilia.

Li acquistavano per 30 centesimi al chilo, e poi li rivendevano fino a 40 volte di più nei mercatini del Maghreb. A mandare avanti gli affari, secondo gli investigatori, erano una trentina di migranti, sedici dei quali identificati dagli agenti, che per tre euro l'ora caricavano tonnellate di stracci all’interno di container che poi venivano spediti a Genova per essere mandati, via nave, in Tunisia.

Nel Paese africano un complice del gruppo, secondo quanto si apprende dal quotidiano La Verità, pensava a piazzarli agli acquirenti. Si arrivava a guadagnare fino a 150mila euro a carico: un paio quelli spediti nel Nord Africa ogni settimana. Cifre da capogiro, incassate grazie al lavoro di giovani stranieri reclutati nei centri d’accoglienza della zona, che venivano stipati all’alba all’interno di furgoni e condotti sul posto di lavoro dove rimanevano fino a tarda sera. Alcuni si occupavano di raccogliere gli indumenti, altri di stoccarli in depositi affittati ad hoc. Tutto per una paga misera, che poteva arrivare fino a cinque euro per l'intera giornata. E chi protestava per i metodi schiavisti veniva minacciato di essere preso a “mazzate” dai caporali.

Fino a ieri, giorno in cui è scattato il blitz dei poliziotti che ha portato all’arresto di tre persone. Per altri due componenti del gruppo sono scattati i domiciliari e un obbligo di dimora, mentre si cercano ancora gli ultimi due membri del sodalizio criminale. Le indagini della squadra mobile erano iniziate lo scorso aprile, quando un furgone con a bordo otto richiedenti asilo era precipitato in un fosso.

Nell’incidente avevano perso la vita il conducente, un uomo egiziano di 32 anni e un senegalese di 23, che quella mattina era stato reclutato assieme agli altri rifugiati.

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