Cronache

Caso Ostia, arrestato ​guardaspalle di Spada

Uruguaiano di 28 anni, già condannato per spaccio di droga: chi è il fedelissimo di Roberto Spada

Caso Ostia, arrestato ​guardaspalle di Spada

Preso il guardaspalle di Roberto Spada, uruguaiano di 28 anni, già condannato per spaccio di droga. Per i carabinieri di Ostia e per il pm Giovanni Musarò, Alvez Del Puorto Nelson è senza ombra di dubbio il secondo uomo che ha aggredito a calci e pugni la troupe Rai 2 di Nemo. A tre settimane di distanza dalla famigerata testata contro Daniele Piervincenzi e le sprangate contro il filmaker Edoardo Anselmi i carabinieri, insomma, hanno messo le manette al secondo aggressore. Il giovane, che ha già scontato in Italia una pena di 4 anni di carcere per spaccio di droga, non solo è il body-guard di Spada ma, secondo gli inquirenti, da tempo è parte integrante dell’organizzazione malavitosa della famiglia Spada. Alvez Del Puorto Nelson, fermato nella sua abitazione di via Antonio Forni, nel cuore della Nuova Ostia controllata dalle “famiglie”, si trova nel comando dei Carabinieri del Gruppo di via Zambrini. La Direzione Distrettuale Antimafia gli contesta le stesse accuse di Roberto Spada: violenza privata e lesioni aggravate dall’articolo 7, ovvero dal metodo mafioso. Non è escluso che, nei prossimi giorni e non prima dell’interrogatorio di garanzia, anche lo straniero possa essere rinchiuso nel carcere di massima sicurezza di Tolmezzo. L’epilogo di una triste vicenda che ha il solo merito di aver scoperchiato un calderone pronto a esplodere? “Magari - commenta un commerciante di Nuova Ostia -. Questi due sono solo la punta di un iceberg grosso come una montagna. Da anni in tutta la città non fanno altro che spararsi, incendiare negozi, stabilimenti balneari, edicole di giornali. Siamo stanchi e abbiamo solo voglia di scappare lontano da qui”. Intanto questa mattina proprio l’ex dirigente del XIII commissariato di Ostia, il vicequestore Antonio Franco, è stato rinviato a giudizio dal gup Anna Maria Gavoni assieme ad altre sette persone tra le quali Mauro Carfagna, gestore di alcune sale scommesse. Secondo il gup, che ha accolto le richieste del sostituto procuratore Mario Palazzi, Franco avrebbe coperto la presenza di Ottavio Spada, cugino di Roberto, nelle sale slot dell’amico e avrebbe facilitato gli interessi di questo avvisandolo per tempo su eventuali controlli nei suoi locali. Un territorio, Ostia, in cui usura, estorsioni e traffico di droga sono all’ordine del giorno dai tempi della banda della Magliana. Un business che comincia dalle tonnellate di droga passate attraverso l’aeroporto di Fiumicino grazie anche a poliziotti e finanzieri corrotti. “Mele marce” come Massimo Callari, Pasquale Marciano e suoi colleghi di polizia Francesco Mostarda e Cesare Bove, d’accordo con i narcotrafficanti di Santo Domingo. “Quando arrivava la roba mi facevo mettere di turno” racconterà Callari. Ottanta, novanta i chili di droga da sdoganare ogni volta per una paga a dir poco generosa: 8mila euro a testa per almeno 12 volte l’anno. “Mi ero appena separato, mi servivano soldi” confessa il finanziere corrotto. Peccato che Callari, mentre stava riempendo pagine e pagine di verbali, verrà trovato cadavere, “suicida”, nella sua casa di Ladispoli. Strano, dal momento che il finanziere aveva appena fatto richiesta di essere inserito nel programma di protezione. Un territorio Ostia a pochi passi dall’aeroporto intercontinentale di Fiumicino che da sempre ha fatto gola ai clan. Come il feroce cartello targato Siculiana di cui facevano parte le famiglie Cuntrera-Caruana-Caldarella, le “tre C” come avevano chiamato una catena di supermercati del litorale. Il prodotto più veduto? Rum, bottiglie di rum proveniente direttamente dal Centr’America imbottite di cocaina della miglior qualità disciolta nell’alcol da un lidense passato dai Nar di Giusva Fioravanti ai più redditizi cartelli di Medellin, Igor Simmi. Anche lui espatriato per “affari”. Come i sei skipper partiti dal porto canale di Fiumicino con un bialberi, la “My Double Seven”, e bloccati sulla via del ritorno davanti le coste brasiliane con un carico da 650 chili di polvere bianca. Questi i numeri del traffico di stupefacenti su Ostia. A finanziare il carico la camorra impiantata nella capitale: Michele Senese, detto ‘o pazzo, in galera per l’ennesima volta in seguito all’inchiesta Mafia Capitale. A coordinare le operazioni di “importazione” sempre un lidense, Vincenzo “Chicco” Pompei, arrestato dopo anni di latitanza e poi, “suicidato” in un carcere brasiliano. Una serie infinita di strani suicidi per i clan di Ostia. A cominciare da Marco Castori, anche lui passato dai neri ai narcos, trovato impiccato nei boschi del reatino. Quando un cercatori di funghi lo trova Castori è appeso a un ramo, sotto l’albero la sua sedia a rotelle.

Strana storia, non la prima e nemmeno l’ultima.

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