Cronache

Castel Romano, allarme scabbia nel campo rom: "Rischio epidemia"

Decine di bimbi contagiati dalla scabbia: nel campo rom di Castel Romano, uno dei più estesi di Roma, ora si rischia un'epidemia. E tra faide interne, mancanza d'acqua e sistema fognario inesistente, la vita nell'accampamento è un inferno

Castel Romano, allarme scabbia nel campo rom: "Rischio epidemia"

Decine di bimbi piccolissimi con le gambe, le braccia e il busto ricoperti da pustole rosse. È scabbia. E nel campo nomadi di Castel Romano, tra Roma e Pomezia, sarebbe in corso una vera e propria epidemia. A lanciare l’allarme sono stati gli stessi nomadi, giovedì scorso, durante un blitz degli agenti del Servizio Pubblico Emergenziale della Polizia Locale per il controllo dei moduli abitativi e il censimento degli abitanti.

In realtà i primi casi erano stati già denunciati a fine agosto dall’Associazione Nazione Rom. Ora, però, i contagiati, tra adulti e bambini, sarebbero molti di più. E c’è il rischio che la malattia si estenda anche oltre i confini del campo che ospita circa mille persone. "Un rischio concreto", assicura a ilGiornale.it Marco Milani, coordinatore romano del sindacato Ugl-Polizia locale, “perché la scabbia è altamente infettiva e il campo è servito da sette o otto navette scuolabus che accompagnano i bimbi nelle scuole dei dintorni”.

I rom attribuiscono la diffusione della malattia alla mancanza d’acqua e alle scarse condizioni igieniche dell’insediamento. Nel campo, infatti, che si trova al centro della riserva naturale di Decima Malafede, lontano dai principali centri abitati, manca un presidio sanitario fisso. “Nel 2015 – spiega Milani – la Asl ha richiesto al Comune di Roma di istituirlo, sia per la presenza di insetti, roditori, sia per la diffusione di malattie infettive tra gli ospiti dell’accampamento, ma il Campidoglio non ha mai ottemperato”.

Il sistema fognario, inoltre, è inesistente. “Nonostante il Comune di Roma spendesse 160mila euro l’anno per la loro manutenzione – prosegue il sindacalista – i depuratori presenti nell’insediamento non hanno mai funzionato”. Nel febbraio scorso, questi sistemi, che insistevano nella parte del campo di proprietà di Salvatore Buzzi, figura di spicco nell’inchiesta di Mafia Capitale, sono stati sequestrati. A sostituirli sono arrivate due cisterne per la raccolta delle acque nere. Il costo per il Comune è di “5mila euro al giorno”. Ma le strutture non sono sufficienti per far fronte alle necessità di quasi mille persone. “Così i liquami hanno iniziato a riversarsi nel terreno e nonostante la stagione molto arida, non sono stati assorbiti dal suolo, che li ha ricondotti in superficie”, racconta Milani.

L’accampamento è soggetto, poi, a sospensioni temporanee del flusso idrico. “A volte, l’acqua manca per ore ed ore - spiega il coordinatore romano dell’Ugl Polizia Locale – e quando il flusso riprende viene erogata in forma ridotta”. Ma, assicura il sindacalista, ciò non sarebbe riconducibile a guasti o problemi all’impianto idrico. “Il problema – spiega – è che la società privata che gestisce le forniture di acqua nel campo vanta un credito di due milioni di euro nei confronti del Comune”. Nei periodi in cui l’acqua non viene distribuita i vigili intervengono con autocisterne e consegnano bottigliette di acqua minerale. Ma non sempre l’acqua riesce a raggiungere tutti gli abitanti del campo. Qui entrano in gioco, infatti, le rivalità interne. In due occasioni, alcuni capi clan hanno tentato di appropriarsi della fornitura, minacciando gli altri nomadi e gli stessi vigili.

Un’altra piaga presente nel campo, dove ogni settore è contraddistinto dall’iniziale del rispettivo capo clan, è quella delle faide. Quattro anni fa una guerra tra famiglie rivali ha portato all’incendio e alla devastazione di decine di moduli abitativi. Dopo l’episodio, i nuclei familiari presi di mira abbandonarono l'insediamento, che all’epoca ospitava circa 1200 persone. Ora, dopo un periodo di relativa calma, queste tensioni sembrano essere riemerse. “Nell’operazione di giovedì scorso abbiamo constatato come 15 moduli abitativi siano andati distrutti”, denuncia Milani, “e ciò lascia supporre che siano insorti altri problemi”. Per far fronte a situazioni di questo tipo il sindacato chiede che gli agenti siano messi in condizione di operare in sicurezza, con guanti e corpetti anti-taglio per resistere alle sassaiole e alle aggressioni, e con dispositivi sanitari di protezione individuale per trattare gli ospiti affetti da malattie infettive.

Intanto, a fine agosto, Marcello Zuinisi, legale rappresentante dell’Associazione Nazione Rom, ha scritto al sindaco di Roma, Virginia Raggi e al ministro dell’Interno, Marco Minniti, per chiedere “l’evacuazione immediata del campo di Castel Romano e la ricollocazione dei suoi 1076 abitanti”.

Finora, però, non ci sono stati interventi significativi e, dopo quasi un mese, nell'accampamento la situazione resta infernale.

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