Cronache

Centrodestra diviso per tre col resto di uno

Qualcuno, con una buona dose di ottimismo, sostiene che il centrodestra sia ancora vivo. Magari un po' acciaccato ma comunque in piedi. E che non sia invece ridotto ad una sorta di entità astratta come certificherà di qui a pochi giorni il voto (...)

(...) di fiducia sul governo Conte. Tre partiti e tre diverse posizioni, con la Lega che voterà a favore, Forza Italia contro e Fratelli d'Italia che invece si asterrà. Con buona pace di chi, per certi versi con coraggio, vuole a tutti costi rimandare la presa d'atto che una stagione politica è ormai al tramonto.

Al di là delle dichiarazioni di circostanza, infatti, che Matteo Salvini sia andato per la sua strada è sotto gli occhi di tutti. Non tanto perché ha trattato la nascita di un governo come capo della Lega proprio poche settimane dopo che le urne gli avevano consegnato la leadership dell'intera coalizione di centrodestra. Ma anche e soprattutto perché lo ha fatto sedendosi al tavolo con chi, come Luigi Di Maio, chiedeva a gran voce la testa del suo principale alleato, cioè Silvio Berlusconi. Circostanza che, evidentemente, non deve aver entusiasmato il leader di Forza Italia che, peraltro, pare non sia rimasto positivamente impressionato dalla lista dei ministri portata ieri sera da Conte al Quirinale. Sul grillino Alfonso Bonafede alla Giustizia, per dire, è stato Niccolò Ghedini a lasciarsi sfuggire ieri a Palazzo Grazioli un giudizio piuttosto tranchant: «Un giustizialista, niente altro...».

Un trattamento per certi versi simile a quello di Berlusconi, il capo della Lega lo ha riservato pure a Giorgia Meloni, lasciandola fuori da ogni trattativa nonostante i suoi ripetuti tentativi di rientrare in gioco. La leader di Fratelli d'Italia, infatti, pur di riuscire a riagganciare in corsa il neonato asse sovranista tra M5s e Lega ha urlato all'impeachment di Sergio Mattarella prima e più forte di tutti. Inutilmente, visto che sul punto Luigi Di Maio è stato chiaro: già è stata dura far digerire all'elettorato grillino Salvini al Viminale, aggiungerci anche la Meloni alla Difesa sarebbe insostenibile. Così, ieri pomeriggio, ormai a poche ore dalla nascita dell'esecutivo, è naufragato l'ultimo tentativo di FdI di unirsi al «governo del cambiamento». Ma pur di distinguersi da Berlusconi e lasciare comunque una porta aperta nel caso i numeri al Senato si facessero troppo risicati, la Meloni - che ci tiene a smentire di aver mai chiesto poltrone - annuncia che sulla fiducia al governo FdI si asterrà.

D'altra parte, in queste ore in cui il centrodestra va consumando il suo epilogo, una delle poche certezze è il tentativo di strozzare politicamente Berlusconi e Forza Italia. Due giorni fa ne parlavano in un corridoio adiacente al Transatlantico un dirigente di peso di Fratelli d'Italia e Edoardo Rixi, vicecapogruppo della Lega. «Dobbiamo spingere il Cavaliere verso il Pd così ci prendiamo i suoi voti», spiegava il primo. «Sì, e dobbiamo farlo subito», chiosava il secondo. Insomma, nonostante l'asse di governo non si sia saldato, il comune intento di rinnovare il centrodestra o quel che è destinato a diventare è ormai un fatto. E questo nonostante i big di Forza Italia continuino a dirsi «amici» della Lega e «fiduciosi» che Salvini metterà al centro dell'azione di governo «il programma del centrodestra presentato agli italiani alle scorse elezioni». Parole di circostanza che servono a frenare quello che pare uno show down inevitabile. E che con i tempi del caso - magari dopo le Europee del 2019 - è destinato con ogni probabilità ad avere ricadute anche sulle giunte regionali di Lombardia, Veneto e Liguria dove il centrodestra governa insieme.

Adalberto Signore

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