Politica

Chi teme il popolo

Il virus della sinistra chic

Chi teme il popolo

Chi ha paura del popolo? La «demofobia» indica l'atteggiamento di chi giudica il popolo privo di virtù e indegno di governare. Il filosofo (gramsciano) Diego Fusaro utilizza la parola per mettere in luce come la sinistra, ormai asservita alla finanza, si sia dimenticata del popolo in favore di battaglie sui diritti civili che interessano solo alcune minoranze. La «demofobia» è dunque di sinistra? Nella visione dei demofobi, il governo è riservato alle élite, che emergono dagli ambienti più disparati, dall'economia agli ambienti universitari. Il popolo invece è un mostro irrazionale in balia del demagogo di turno. Il «demofobo» perfetto, in campo culturale, è Roberto Saviano. Ecco che cosa scrisse quando la Brexit mandò in tilt l'intellighenzia: «Ha vinto il popolo. Me lo ricordo il popolo, nel 1938, acclamare Hitler e Mussolini a Roma. Me lo ricordo il popolo asservito, quasi isterico, al cospetto di ogni malfattore che abbia condotto l'Europa sull'orlo del baratro. Me lo ricordo poi il popolo che plaudiva quando al confino veniva mandato Altiero Spinelli, perché antifascista». La «demofobia» è la premessa della polemica sulla democrazia «dei competenti», lanciata da Jason Brennan in Contro la democrazia (Luiss). Brennan consiglia la «epistocrazia», il governo dei competenti, e boccia la democrazia, il governo degli incompetenti. La «demofobia» spiega anche i quotidiani attacchi a Matteo Salvini, leader della Lega. L'ultimo a pronunciarsi è stato il regista Pif: «La legalità razzista di Salvini è fuffa». Un assist involontario per Matteo Salvini che può vantarsi di essere detestato dalla sinistra radical chic. La grande stampa descrive gli elettori di Lega e 5 stelle come cafoni, tracotanti, ignoranti, razzisti. Al contrario, la «parte migliore» del Paese legge Proust in francese, degusta prodotti a chilometro zero, vuole cancellare i confini e non voterebbe mai a destra. Sono stereotipi ma nascondono una verità: a sinistra si sentono superiori antropologicamente e non vedono l'ora di togliere il diritto di voto a chi non pensa «correttamente». Il disprezzo per il popolo si traduce nel rifiuto del suffragio universale. Quando Donald Trump venne eletto presidente degli Stati Uniti, l'ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano disse: «Siamo davanti a uno degli eventi più sconvolgenti nella storia del suffragio universale. Qualche volta l'esito di votazioni a suffragio universale è stato anche foriero di gravissime conseguenze negative per il mondo». E non è l'unico a pensarla così. La demofobia ha sortito un effetto collaterale. Lo storico Paolo Pombeni ha scritto: «Paradossalmente, ma non tanto, la dimostrazione di quanto il sistema politico sia demofobo è data dal fatto che esso è sempre più populista. Si diventa infatti populisti quando si è convinti che il popolo possa essere guidato o, se preferite, reso partecipe solo vendendogli un poco d'oppio» (La democrazia serve, la demagogia no in Vita e Pensiero, 2012). Il popolo però non è soltanto massa da incantare con la propaganda. Si interessa alla propria «salvezza» al prezzo del sacrificio; ed è anche in grado di scegliersi leader funzionali all'interesse generale.

E questo i demofobi non lo accetteranno mai.

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