Cronache

Chiudere i porti non basta più: il piano per fermare l'invasione

L'ipotesi di Minniti può essere disastrosa. Gli immigrati sono ormai troppi e gestirli è sempre più difficile

Chiudere i porti non basta più: il piano per fermare l'invasione

L’ipotesi di deviare le navi delle Ong zeppe di immigrati su altri porti che sarebbe già sul tavolo del Ministro dell’Interno, se confermata e implementata, produrrebbe effetti disastrosi non soltanto sul piano organizzativo, ma in particolare per quanto riguarda la sicurezza nazionale.

Fonti del Ministero avevano infatti parlato di un possibile alleggerimento nei confronti dei porti siciliani e calabresi con dirottamento del flusso verso altri scali come Salerno, Napoli e Civitavecchia, come già precedentemente detto, non dotati di strutture adeguate alla gestione del fenomeno migratorio.

In primis è fondamentale tenere bene a mente che nemmeno in Sicilia, per quanto vi siano maggiori strutture e da tempo abituate all’arrivo dei flussi, si è potuto adeguatamente gestire il fenomeno, tanto che in più occasioni si è parlato di migliaia di immigrati giunti nell’Isola e spariti nel nulla, i cosiddetti “fantasmi”.

Immaginiamo quindi cosa potrebbe accadere in strutture che non dispongono dei medesimi mezzi che hanno quelle calabresi e siciliane e che non potrebbero certo adeguarsi in tempi brevi. Emergerebbero problemi che vanno ben oltre il discorso “accoglienza”. Si è già al collasso e spingersi oltre metterebbe ulteriormente a serio rischio l’ordine pubblico.

Molti dei nuovi arrivati potrebbero andare a rafforzare la presenza di irregolari in luoghi definiti da molti cittadini “zone franche”, come l’area attorno alla Stazione Centrale di Milano (dove è stato documentato lo spaccio di qualsiasi tipo di sostanza stupefacente e di merce rubata nonostante la presenza delle Forze dell’Ordine), la zona di Piazza Selinunte, l’ex Villaggio Olimpico di Torino, Stazione Termini a Roma e molte altre zone sparse su tutto il territorio nazionale.

Vi è poi tutto il discorso legato al terrorismo e alla criminalità organizzata. Portare navi di Ong piene di immigrati in porti non idonei potrebbe facilitare il ripetersi di infiltrazioni jihadiste come quella di Anis Amri, l’attentatore di Berlino arrivato in Sicilia a bordo di un barcone, o come quella di Osman Matammud, il trafficante e torturatore somalo arrestato alla stazione Centrale di Milano dopo essere stato riconosciuto da alcune sue ex vittime lo scorso settembre.

Teniamo ben presente che l’avanzata in Libia delle forze del generale Haftar e la disfatta dell’Isis nel Levante potrebbe spingere molti jihadisti a lasciare le rispettive zone di guerra per entrare in Europa tramite il suo ingresso per eccellenza, l’Italia e l’ultima cosa che si dovrebbe fare è accompagnarli direttamente nei nostri porti.

C’è inoltre il rischio legato alla criminalità africana: in particolare alla confraternita “Black Axe”, già da tempo attiva in Italia; l’elevato numero di nigeriani presenti sul territorio e legati ad attività illecite come il racket dell’elemosina e della prostituzione non può non destare serie preoccupazioni.

Considerando poi il sigillo dei confini da parte di paesi come Austria e Francia, in Italia si rischierebbe veramente di arrivare a una situazione insostenibile. Una pentola a pressione in procinto di scoppiare. Oltretutto è un enorme controsenso affermare che l’Italia non può più sostenere il sistematico arrivo di immigrati e subito dopo proporre di aprire altri porti.

Insomma, è evidente che qualcosa non torna.

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