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Tra colombe e falchi scetticismo in Forza Italia

Con il Cav candidabile Forza Italia resterà all'opposizione aspettando il momento per il ritorno alle urne

Tra colombe e falchi scetticismo in Forza Italia

«Godo, come godo!». Renato Brunetta, che nella sua vita non ha mai avuto freni inibitori, ne parla come di una liberazione. La riabilitazione di Silvio Berlusconi e la possibilità che possa essere candidato alle elezioni già ora, fa parte della categoria degli «imprevisti» che all'improvviso creano un'atmosfera diversa: chi è in preda all'euforia e chi, invece, medita e rimugina. Nell'immediato può cambiare tutto o nulla, può nascere il governo gialloverde, o può abortire, ma di certo la novità avrà le sue conseguenze ineluttabili nel giro di qualche mese. «È la dimostrazione spiega Brunetta - che la politica è come la meteorologia. Lo scenario cambia in poche ore. La verità è che Salvini è finito. Finito! Vuole fare il governo con Di Maio? Si accomodi. Vuole andare alle elezioni? Andiamoci. Sicuramente non può più essere considerato il leader del centrodestra. E come il capofamiglia che va al cinema con moglie e figlio che saremmo noi e la Meloni e visto che c'è un biglietto solo, dice ai suoi famigliari: «Aspettatemi fuori». E, poi, per far cosa? Non è neppure premier, è subordinato a Di Maio, e magari deve accettare un governo guidato da un tecnico come Massolo, persona rispettabilissima che è stato capo dei servizi segreti e capo della segreteria di Berlusconi a Palazzo Chigi nel '94. L'uomo della continuità che c'entra come i cavoli a merenda con il governo del cambiamento?!».

E già, forse Salvini e Di Maio convoleranno questa sera a giuste nozze, ma la possibilità del Cav di essere candidabile, di poter ricoprire cariche pubbliche, di fare «anche il sindaco di Arcore», per dirla con il fido Niccolò Ghedini, cambia le carte in tavola e di molto. Prima conseguenza: si può dire, fin d'ora, che Forza Italia voterà contro il possibile governo gialloverde al 100%. La notizia è arrivata anche al Quirinale. Berlusconi è ancora cauto a parole, ma il suo è un atteggiamento squisitamente tattico. La strategia se Salvini andrà avanti nel suo fidanzamento con Di Maio è già decisa. È come il tradimento che porta alle rotture coniugali: in un primo momento marito e moglie lo nascondono, tentano di salvare faccia e matrimonio, ma il «fattaccio» scava un fossato, suscita rancori e delusioni, che alla fine determinano il divorzio. Ineluttabilmente. In fondo è tutto nello schema sposato da Gianni Letta: «Avremo un atteggiamento speculare a quello assunto dalla Lega con noi durante il governo di Enrico Letta: noi saremo all'opposizione e loro in maggioranza. Ma non grideremo al tradimento, né faremo saltare le giunte locali». Solo che dopo quella scelta, i leghisti non riconobbero più a Berlusconi la leadership del centrodestra. Ora la storia si ripete a ruoli capovolti.

Una nemesi ancor più enfatizzata dal ritorno in campo, a tutti gli effetti e con tutti i diritti, del Cav. «Se Salvini fosse leale spiega Ghedini, che in questi mesi si è speso, non poco, per salvaguardare il rapporto con la Lega dovrebbe dire di no ai 5 Stelle e, insieme alla sua coalizione, decidere di andare al voto in autunno con un Berlusconi candidato. Altroché limitarsi a dire che la riabilitazione è una buona notizia per la democrazia. Invece, se va avanti con Di Maio, sbaglia. Perché, è ovvio, che noi cominceremo a votare contro il suo governo, l'alleanza si sfilaccerà e noi veleggeremo fatalmente verso altre sponde. Una vera delusione. Ma uno che vuole essere il leader del centrodestra, come può governare con quelli che ne hanno dileggiato il fondatore!?».

Fin qui il versante dell'euforia. Poi c'è quello della riflessione e delle paure, di chi comincia a farsi i conti per capire se valga davvero la pena celebrare questo matrimonio. Una conseguenza automatica, che lo stesso Cav aveva calcolato: tant'è che sarebbe stato ben contento se la notizia della sua riabilitazione fosse uscita lunedì, dopo il fatidico «sì», che secondo il timing del trattative dovrebbe essere pronunciato oggi, tra Salvini e Di Maio. I dubbi serpeggiano, soprattutto, nella famiglia politica del leader della Lega. «Non è ancora detto che la trattativa vada a buon fine», continua a mettere le mani avanti il plenipotenziario della Lega, Giancarlo Giorgetti. Mentre il capogruppo dei senatori, Gianmarco Centinaio, ripete da giorni, e ancora più oggi, «rischiamo di romperci l'osso del collo». Del resto lo scenario si sta facendo sempre più ingarbugliato: Mattarella ha rivendicato fino in fondo le sue prerogative sulla scelta del premier e dei ministri; le elezioni a luglio, in caso di rottura, sono diventate un miraggio, visto che non si voterebbe prima di ottobre; l'andamento della «crisi» ha spogliato Salvini del ruolo di leader del centrodestra; sul nome del premier ci sono solo ipotesi. Senza contare che la proposta «indecente» di Di Maio alla Meloni - che ha subordinato l'ingresso di Fratelli d'Italia al governo all'appoggio della sua candidatura alla premiership -, ha reso ancora più solo Salvini, visto che la «destra» ora è orientata o ad astenersi sul governo gialloverde, o a votare contro. E la «solitudine» di Salvini ha aumentato la voglia di Di Maio di andare a Palazzo Chigi. «Dicono addirittura congetturava ieri uno spettatore disinteressato come Matteo Renzi- che Salvini potrebbe accettare la premiership di Di Maio. Una vera follia».

Sì, siamo al paradosso che più aumentano le difficoltà, e più Salvini e Di Maio sono quasi costretti a dirsi «sì». «Sono condannati a sposarsi», confida Ignazio La Russa, consigliere della Meloni che ieri ha sondato i leghisti: «Se il matrimonio non si celebra rischiano di andare al voto nel giro di qualche mese con Berlusconi candidabile: un suicidio per Salvini. Se si sposa può sempre sperare nella luna di miele che i governi hanno all'inizio con l'opinione pubblica. Sì, certo non sarà più il leader del centrodestra, ma lui lo ha già messo in conto. È tornato a ragionare come leader della Lega. Faranno una legge elettorale che introdurrà il premio alla lista e, poi, proporrà a noi e a Forza Italia di fare una lista unica. In cui, ovviamente, comanderà lui. Se gli risponderemo di no, andrà da solo. E in caso di pareggio si alleerà di nuovo con i grillini». Appunto, il paradosso è che la riabilitazione potrebbe anche spingere Salvini e Di Maio a sposarsi.

Per convenienza, ma, soprattutto, per paura.

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