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Le colpe di Matteo e la lezione di Tajani

Le colpe di Matteo e la lezione di Tajani

La crisi delle banche italiane non è finita. Sul Giornale lo abbiamo sempre scritto e in questi ultimi due giorni ne abbiamo avuto una prova inconfutabile: il Credito Valtellinese, una ex popolare che è il 18esimo istituto italiano per dimensione degli attivi, ha annunciato di aver bisogno di 700 milioni e ha perduto in Borsa il 40% del suo valore. A ruota sono crollate le azioni di altre banche, dal Banco Bpm (ex Popolare Milano), a Carige (ex Cassa di Genova), fino al solito Mps appena tornato sul listino. Il motivo è semplice. Gli investitori pensano che tanti istituti medi e piccoli debbano fare ancora pulizia nei bilanci (come il Creval), cioè far emergere fino in fondo tutti quei crediti deteriorati o «deteriorandi» che per essere coperti richiedono nuovo capitale. Sullo sfondo c'è la Bce, che è tornata in pressing chiedendo un «addendum» di capitale per crediti dubbi. Il che, per le banche italiane che sembravano aver trovato pace, si sta trasformando in una nuova minaccia.

E allora ci potete scommettere: le banche saranno un tema centrale nella campagna elettorale. Lo saranno in particolare per Matteo Renzi, a lungo sotto attacco per i dissesti di Etruria e Mps. La linea del segretario del Pd è già chiara: la colpa è di altri. Della crisi economica, per esempio, che ci ha fatto perdere il 10% del Pil; di Ignazio Visco, governatore di Bankitalia, che non ha saputo vigilare; della Bce, che con questo «addendum» vuole mettere l'Italia di nuovo in ginocchio. Ma invece non è così. La responsabilità della crisi delle banche è prima di tutto politica e Renzi lo sa. Lo è per aver creato e poi protetto un corto circuito tra i banchieri, le loro relazioni, i loro affari e i criteri di erogazione del credito. Ma lo è anche di più per non aver gestito il cambiamento delle regole, per aver lasciato che una legge come il «bail in» ci trovasse impreparati o che le norme imposte dalla Bce indebolissero le nostre banche. Sono tutte mancanze di questi anni di governi a trazione Pd. E ieri ne abbiamo avuto una dimostrazione: se la politica vuole, può prendere il controllo e tornare centrale. Lo ha fatto Antonio Tajani che, da presidente, ha riportato il Parlamento europeo al centro della scena. Lo ha fatto rivendicando alla politica l'esclusivo diritto di stabilire norme e leggi che la burocrazia della Bce tenta di introdurre surrettiziamente. Le banche italiane non sono a posto, su questo Mario Draghi ha ragione e Tajani è d'accordo.

Ma è stata la cattiva politica a ridurle così e solo una buona politica le potrà sistemare.

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