Cronache

"Commette reato chi pubblica sul web appelli che inneggiano all'Isis"

Lo ha stabilito ieri la Cassazione: si tratta di apologia con finalità di terrorismo

"Commette reato chi pubblica sul web appelli che inneggiano all'Isis"

Fare propaganda del Califfato sul web, anche dall'Italia, è reato. Lo ha stabilito ieri la prima sezione penale della Cassazione, spiegando che l'Isis è una"associazione terroristica", "così definita da numerose risoluzioni del Consiglio di sicurezza dell'Onu", e "non uno Stato", sebbene si estenda "su parte della Siria e dell'Iraq" che sono da considerarsi "territorio occupato". Con queste parole i giudici del Palazzaccio si sono espressi nelle motivazioni della sentenza che conferma la custodia agli arresti domiciliari per il giovanissimo Halili El Mahdi, residente nel Torinese, autore del primo testo in italiano di propaganda ed esaltazione dell'Isis, diffuso da due siti.

"Il fatto che il cosiddetto Stato islamico sia radicato territorialmente fuori dal territorio italiano, da una parte non incide sull'apologia che ne viene fatta, che è punibile ai sensi dell'art. 414 cp., dall'altra non è affatto un dato acquisito, attesa l'operatività internazionale dell'associazione, la diffusione di suoi aderenti nei paese europei e la realizzazione di condotte significative in Europa", prosegue la Cassazione.

Nel caso preso in esame, El Mahadi è accusato di apologia con la finalità di terrorismo. Le indagini condotte dalla procura di Brescia, che poi ha trasmesso gli atti a Torino (per competenza su soggetto minorenne) era emerso che il ragazzo fosse in contatto con personaggi che si erano trasferiti in Siria o erano stati espulsi dall'Italia, e con italiani che si erano convertiti all'islam radicale.

Il gip bresciano aveva emesso la misura cautelare anche per Elezi Elvis, amico di El Mahadi, che era stato suo ospite in Albania nel 2013, con l'accusa di arruolamento con finalità di terrorismo internazionale.

La Suprema Corte sottolinea che "i nuovi mezzi di manifestazione del pensiero destinati ad essere trasmessi in via telematica quali forum, blog, newsletter, newsgroup, mailing list e social network" hanno una "potenza diffusiva indefinita" e possono essere soggetti a sequestro preventivo. El Mahadi - si legge nella sentenza - era consapevole del fatto che l'accesso ai due siti fosse libero, perchè non esisteva alcun filtro, e lui stesso chiedeva di essere aiutato ad "espandere" la propaganda "ad altri fratelli e sorelle".

Il testo di El Mahadi, rileva la Cassazione, "accettava la natura combattente e di conquista violenta da parte dell'organizzazione, esaltava la sua diffusione ed espansione, anche con l'uso delle armi" e valorizzava "la mappa della futura espansione del Califfato, che in poche parole è l'intero pianeta Terra". Il documento, infine, "presentava personaggi ufficialmente classificati come terroristi e conteneva diversi link a siti internet facenti capo all'organizzazione terroristica".

Sulla base di questi elementi sono stati convalidati gli arresti domiciliari del ragazzo così come deciso dal Tribunale del riesame di Torino lo scorso tre giugno.

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