Cronache

Compie 100 anni Bruno Bertoldi, l'ultimo eroe di Cefalonia

Nato a Carzano (Trento) nel 1918, il 23 ottobre ha compiuto 100 anni l'ultimo testimone vivente dell'eccidio in cui morirono 8 mila soldati italiani. Scampato alla morte grazie a un ufficiale compiacente, fu poi deportato dai russi in un gulag

Compie 100 anni Bruno Bertoldi, l'ultimo eroe di Cefalonia

Doveva essere una delle 8 mila vittime - forse anche di più, non si è mai saputo con esattezza - dell'eccidio di Cefalonia, l'isola greca dove i reparti tedeschi passarono per le armi alcune migliaia di soldati italiani a seguito dell'armistizio di Cassibile. E invece, a distanza di 75 anni, è ancora qui a raccontarlo, forte della sua salute di ferro e dei ricordi terribili che si è tenuto dentro per una vita prima di andare nelle scuole a raccontarli. Compie 100 anni Bruno Bertoldi, unico testimone ancora in vita di uno degli episodi più controversi della seconda guerra mondiale e scampato per miracolo alla morte in svariate occasioni.

Nato e cresciuto a Carzano, in provincia di Trento, Bertoldi fu arruolato nel 1937 a Bolzano come come comandante dell’autodrappello della divisione Acqui. Sbarcato prima in Albania e poi militare di stanza a Cefalonia, dopo l'armistizio firmato da Badoglio la sua sorte era segnata, al pari dei suoi commilitoni. E invece si salvò grazie a un militare compiacente, un sudtirolese che già in un’occasione gli aveva risparmiato la vita e che anche in quell’occasione gli consentì di scappare. Per qualche tempo Bertoldi si nascose nella casa di una famiglia greca, ma un giorno si consegnò alla Wehrmacht per evitare rappresaglie sul villaggio che lo aveva avvolto. Di fronte al suo rifiuto di arruolarsi nell'esercito tedesco, fu spedito con il treno a Minsk, nell'allora Ucraina (oggi Bielorussia). Un viaggio terribile, con i cadaveri di chi non ce la faceva usati come cuscini.

Qui lavorò sei mesi come meccanico, fino a quando non fu liberato e catturato dai partigiani. "Mi chiesero di combattere con loro, ma io non volevo più saperne della guerra", racconta oggi nella sua bella casa di Bolzano, coccolato dai figli Paolo, 55 anni, Anna, 61 anni, e Silvano, 63 anni. Consegnato all'Armata Rossa, Bertoldi fu caricato su un treno merci dal quale però riuscì a fuggire, sopravvivendo per l'ennesima volta a morte certa. L’ex militare camminò quindi per due mesi attraverso la steppa gelata fino ad arrivare al lager di Tambov nella Russia sud occidentale, da dove venne poi trasferito in Turkestan e qui per sei mesi viene impiegato nella raccolta del cotone in un gulag. Finalmente arrivò il 1945 e con esso la libertà, quella vera. Ma c'era da tornare in Italia. Come? In treno, ovviamente. 17 mila lunghi chilometri che gli permisero di fare ritorno al paese.

"La vita di Bertoldi rappresenta un simbolo e un motivo di ispirazione soprattutto per le giovani generazioni. La sua determinazione e capacità di adattamento ci mostra come la fede nella libertà e nella democrazia rappresenti un elemento fondante della nostra società. Sono questi i valori che ci hanno portato a fondare un’Europa unita, patria della fratellanza e del rispetto reciproco fra popoli, tradizioni e culture. Insieme all’augurio a Bertoldi per questa importante ricorrenza, vorrei sottolineare come la guerra rappresenti nel nostro immaginario sempre più la testimonianza di un passato ormai lontano e insieme un monito affinché nessun conflitto debba mai più contrapporre i popoli" ha detto il presidente della Provincia di Bolzano Arno Kompatscher, che ha visitato Bertoldi nella casa dove vive tuttora da solo in via Dalmazia, a Bolzano.

Qui sotto una sua bella video testimonianza sugli anni della guerra.

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