Cronache

Al concerto per la Sla nessuno vuole pagare

Se la Sla e il "fine vita" servono solo a fare il tifo

Al concerto per la Sla nessuno vuole pagare

Allora sono solo parole. Ogni volta che un caso eclatante solleva la tragedia della sofferenza estenuante o del fine vita (da Welby a Dj Fabo passando per Eluana Englaro e tanti altri esclusi dalla cronaca), l'opinione pubblica discute, si spacca, litiga, invoca l'intervento della politica e si indigna se non arriva. Evviva, direte, la coscienza sociale è viva e vegeta. Però quando si può venire al dunque, ossia all'impegno concreto, liberi tutti. Il solito Strapaese.

L'altra sera al Teatro Dal Verme di Milano è andato in scena il concerto voluto da Ron e organizzato con F&P a favore dell'Aisla, l'Associazione italiana sclerosi laterale amiotrofica. Sul palco in ordine sparso Max Pezzali, Federico Zampaglione, Francesco Renga, Syria, Nek, Elodie, Omar Pedrini, Luca Carboni, Annalisa, Loredana Bertè, Tosca, tutti impegnati a duettare con il padrone di casa (trascinante la Berté in Malala e impeccabile Elodie in Piazza Grande) e infine tutti riuniti per la conclusiva Una città per cantare.

In platea, tanti malati di Sla, ognuno con il proprio portafoglio di dolore, ognuno con gli occhi accesi di speranza. Ma nessun autorevole rappresentante istituzionale, né il sindaco, né altri politici o opinionisti che si dannano l'anima per apparire in un qualsiasi dibattito sul «fine vita» e su tutti gli enormi problemi etici e politici correlati.

Per carità, qui non si fa retorica. Ma la platea non ha riempito i vuoti, nonostante l'evento, inizialmente previsto agli Arcimboldi, fosse stato spostato in un luogo meno capiente. Il tutto nonostante il concerto avesse annunciato qualità musicali e interpretative (poi ampiamente dimostrate sul palco) degne di un luogo assai più spazioso. Nonostante avesse una finalità più che nobile. E nonostante fosse garantito da una struttura che non ammette «dispersioni» di fondi.

Perché? Forse perché è più facile mobilitarsi dopo tragedie spaventose e spettacolari e non per malattie silenti e spaventose che attaccano non solo l'individuo ma l'intera famiglia e non hanno altra cura che la speranza di trovarne una. O forse perché l'impegno di (quasi) tutti inizia e finisce digitando un tweet, un post o una dichiarazione purchessia. Poi basta. Stop. La coscienza istantaneamente torna pulita e tanti saluti a tutti. Insomma, fatte le debite eccezioni, siamo tutti Fabo, dividendoci in guelfi e ghibellini giusto per far polemica. Ma quando c'è da partecipare non ai lavori forzati ma a un bel concerto per raccogliere fondi (oltretutto garantito da un signore come Ron, che non ha neanche ceduto a polemiche strumentali dopo l'esclusione da Sanremo) la maggioranza fa spallucce.

Ricordiamocelo la prossima volta che ci si riempie la bocca di paroloni e poi si dimentica tutto con un refresh.

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