Cronache

Contro il mito dell'uguaglianza il 2017 sia l'anno della diversità

I segnali: gli inglesi dicono addio all'Ue e l'America cancella la Clinton. La nostra bellezza è nella diversità

Contro il mito dell'uguaglianza il 2017 sia l'anno della diversità

Forse il nuovo anno una cosa buona ce la porterà, magari con qualche sconquasso (tutto ha il suo prezzo). Si tratta della fine del mito dell'eguaglianza: «Siamo tutti uguali, in tutto il mondo, e vogliamo tutti le stesse cose». Con la sua altra faccia, nascosta ma non troppo: «Chi la pensa diversamente è un asociale, un individuo pericoloso». La cui moglie non ha diritto nemmeno a uno straccio di sarto (alla faccia dell'uguaglianza universale appena dichiarata: ma si è sempre saputo che i miti perfezionisti creano segregazione. Ogni Paradiso esige il suo inferno).

Non se ne poteva più. E la gente lo ha detto: gli inglesi non ne potevano più dell'Europa alla Juncker, gli americani della gommosa signora Clinton e del politically correct che impone appunto di fare finta di essere tutti uguali. Hanno perfino riscoperto, gli americani che parevano completamente bolliti, le radici del «perché no», perché siamo tutti diversi, e proprio nella nostra diversità sta la nostra bellezza. Torna l'American renaissance, roba di quasi un secolo e mezzo fa, con il pensiero libertario, senza la cui frusta ogni liberalismo rischia di diventare un manierismo. E Walt Withman: «Io non piagnucolo quel frignare sul mondo intero. Io porto il cappello come mi garba, in casa o fuori».

Libertario si dichiara Peter Thiel, immigrato con la famiglia dalla Germania, che già miliardario a 37 anni aveva dato a Mark Zuckerberg mezzo milione di dollari per fare Facebook, e della diversità e del diritto di espressione di sé ha fatto la propria bandiera. Tanto da dichiarare all'ultimo congresso del partito repubblicano: «Sono fiero di essere gay. E di essere repubblicano». Unico dei miliardari della Silicon Valley, si è schierato per Trump di cui oggi è ascoltato consigliere. Subito i consiglieri democratici hanno chiesto a Zuckerberg di cacciarlo dal Consiglio di Facebook, ma lui ha rifiutato, in nome della libertà di opinione. A Natale poi rompendo la regola politically correct dell'ateismo obbligatorio, lo stesso presidente di FB ha augurato a tutti Buon Natale e buona Hanukka (la festa ebraica delle lampade, che inizia appunto il 24 dicembre), spiegando che lui è stato cresciuto nell'ebraismo e la religione è molto importante. E dopo qualche giorno ha annunciato il suo progetto di dedicare il prossimo anno a visitare gli Stati Uniti per capire i bisogni e desideri delle persone: insomma per fare politica.

Dove approderà tutto questo è difficile prevedere. Può darsi che vada coi democratici, o col suo amico e finanziatore Thiel e Trump. O anche che entrambi, assieme a tipi come Egon Musk (quello di Tesla) e altri personaggi giovani dotati di fantasia e di grande capacità di fare imprese e soldi, si impegnino direttamente in politica, sulla quale forse non hanno idee troppo diverse. Ma è un grande movimento che assieme a Trump sta imprimendo uno straordinario dinamismo al mondo intero, non solo alle Borse, comunque molto importanti per capire il nuovo sentiment che dagli Stati Uniti (ma già prima dall'Inghilterra dove il Pil è cresciuto attorno al 2% e la Borsa si è impennata) sta dilagando in tutto il mondo.

All'idea di un globo di persone, comportamenti e idee uguali e omogeneizzate si sta sostituendo così quella di territori e persone diverse, con tradizioni, valori e vocazioni diverse. Ciò risveglia sopite vitalità, e dà forza alle persone (soprattutto giovani, ma non solo) coinvolte in questo movimento. Come spiegava già quarant'anni fa il filosofo libertario tedesco Paul Feyerabend: «L'unanimità di opinione può essere adatta per i seguaci deboli di qualche tiranno. Ma per una conoscenza obiettiva è necessaria la varietà di opinione.

È anche l'unico metodo compatibile con una visione davvero umanitaria».

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