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Coronavirus, effetti del clima estivo: pareri discordanti

Gli studi scientifici sugli effetti di caldo e clima estivo sul Covid-19 non sono univoci. La scienza sembra comunque protendere verso il no

Coronavirus, effetti del clima estivo: pareri discordanti

Purtroppo chi spera nel caldo estivo per distruggere, o quantomeno abbassare il rischio di contagio da coronavirus, rischia di rimanere deluso. Sia ben chiaro, gli studi scientifici a riguardo sono tanti e i pareri sono anche molto discordanti tra loro. Però è meglio non farsi troppe illusioni in proposito.

Come riportato da Milanotoday, tra coloro che pensano che l’arrivo del caldo estivo non possa essere d’aiuto alla nostra guerra contro il coronavirus c’è un gruppo di ricercatori americani, precisamente degli Stati Uniti. Questi scienziati si sono sentiti in dovere di scrivere una lettera all’amministrazione per spiegare che le alte temperature non cambieranno la situazione. Forse lo hanno fatto perché pochi giorni prima il presidente Donald Trump aveva affermato che “quando il clima diventerà un po' più caldo, il virus scomparirà miracolosamente”. Come per dire: 30 gradi e il virus puff, scompare.

Sono comunque pochi i soggetti immuni

Secondo i membri del comitato dell'Accademia Nazionale delle Scienze, non vi è prova tangibile che il Covid-19 si possa diffondere in estate come in inverno. Ma questo comunque non è molto importante, visto che a livello mondiale sono ben pochi i soggetti immuni. I ricercatori statunitensi hanno spiegato che “esistono alcune prove che suggeriscono che il coronavirus si possa trasmettere in modo meno efficiente in ambienti con temperatura e umidità più elevate, tuttavia, data la mancanza di immunità dell'ospite, questa condizione non porterebbe a una riduzione significativa della diffusione della malattia senza la concomitante adozione di importanti interventi di sanità pubblica”.

Questa idea era già stata espressa nei giorni scorsi da Silvio Brusaferro, presidente dell'Iss, l’Istituto superiore di sanità, che aveva sottolineato che non si può sperare di risolvere la situazione aspettando le temperature elevate. Certo, da una parte “le temperature più alte di certo riducono l'affollamento in ambienti chiusi, ma non abbiamo evidenze a oggi che ci dicano che se ci sono 40 gradi il virus non si trasmette. Su questo stiamo lavorando”. In poche parole, se i contagi diminuiscono con il caldo, è solo perché si sta più all’aria aperta e meno in luoghi chiusi.

In Australia fa caldo ma il coronavirus sta benissimo

Uno studio cinese ha individuato che anche con temperature e umidità elevate il coronavirus si diffonde senza problemi da un individuo all’altro. L’esempio di Paesi come l’Australia e l’Iran, in effetti non fanno ben sperare. Entrambi stanno facendo i conti con una rapida diffusione del virus. E là il clima è estivo e umido. Ci sono anche studi che asseriscono che il coronavirus abbassi i propri tassi di infezione durante l’estate, peccato però che siano studi eseguiti qualche anno fa, su coronavirus diversi da quello attuale. Gli stessi autori hanno voluto sottolineare che non è detto che ciò avvenga anche in questo caso. D’altro canto, è vero che molti virus che interessano l’apparato respiratorio, con il caldo tendono ad affievolirsi.

In autunno potrebbe tornare

Giorni fa, il virologo Guido Silvestri, docente all’Emory University di Atlanta, ha detto che “se si guarda l’andamento della pandemia ci sono dati difficili da spiegare se non si invoca un fattore climatico. Basta guardare le differenze in Italia tra nord-sud, e non solo per le zone industrializzate, stessa cosa in Spagna dove l’80% dei casi sono a nord di Madrid, qui negli Usa il 40% della popolazione che vive a nord ha l’80% dei morti e poi guardiamo il sud-est asiatico, l’Africa e la stessa India che sembrano più protetti dalla pandemia”. Tenere comunque alta la guardia almeno fino al vaccino.

Anche perché, con il ritorno delle basse temperature e dell’autunno, il virus potrebbe rifarsi vivo.

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